E come promesso la scorsa settimana, eccoci qui a dedicare il giusto spazio ad un gentleman del calcio, un giocatore vecchio stile, che malgrado abbia cambiato molte maglie nella sua carriera, ovunque ha lasciato un buon ricordo di se nel cuore dei tifosi.
Stiamo parlando di Emiliano Moretti, romano, classe 1981, di cui la prossima settimana ricorre il compleanno. Trentotto, la gran parte dei quali dedicata al calcio.
Nato e cresciuto nelle giovanili della Lodigiani, squadra capitolina dalle solide tradizioni, viene scoperto e lanciato nel calcio maggiore dalla Fiorentina, con cui si affaccia al palcoscenico della A e da cui viene prelevato dalla Juventus. Una fugace apparizione, così come con il Modena, seguito da una stagione a Bologna. Finalmente il salto al Valencia, per cinque stagioni e 135 presenze, per poi tornare in Italia al Genoa, altre 107 presenze coi grifoni e finalmente l'approdo in maglia granata dove chiude con 175 presenze al suo attivo.
Anche qualche spiraglio di azzurro a dare ulteriore lustro alla sua carriera, che comprende tra l'altro una Coppa Italia, una Supercoppa Italiana, una Coppa di Spagna, una Supercoppa UEFA, un bronzo olimpico ed un oro europeo under 21.
Ma a questo palmares di tutto rispetto, si deve aggiungere qualcosa che negli albi d'oro e nelle statistiche non si vede. La sua professionalità e la sua umanità.
Quello che lo ha maggiormente fatto apprezzare, amare anche, dai tifosi granata, è stata la sua umiltà, il suo sapersi mettere al servizio della squadra senza mai voler apparire, come quando lasciò la fascia di capitano a Benassi e poi a Belotti, pur avendo i titoli per portarla con orgoglio.
Lo spirito di sacrificio che lo ha sempre contraddistinto, che gli ha permesso di riemergere da infortuni, anche gravi, che hanno segnato la sua carriera. Sempre pacato, mai una parola fuori posto o sopra le righe. Questo è Moretti.
In un calcio in cui sei stagioni di fila nella stessa società rappresentano già un traguardo di tutto rispetto, anche se lontano da militanze storiche, come quella dell’inarrivabile Ferrini, dall'alto delle sue sedici stagioni torinesi, Emiliano ha saputo ritagliarsi un posto significativo nel cuore della gente del Toro.
Ma non è finita qui, a quanto pare. Le sue doti continueranno a tornare utili alla causa granata, anche se non più in campo. Da buon uomo spogliatoio, lo aspetta una carriera dirigenziale nell’organigramma del Torino FC. La sua esperienza potrà ben essere messa al servizio della prima squadra, così come la sua umanità potrà avere un grande peso nella fase educativa delle giovani leve che al calcio guardano con grande speranza per il loro futuro di atleti ma soprattutto di uomini. Insomma, c'è solo l’imba della scelta per come impiegare questo uomo poliedrico e ricco di esperienza.
Il Torino, per ritornare ad essere Toro, ha bisogno anche di questo. Attaccamento alla maglia, riscoperta delle radici, valorizzazione del passato. Emiliano potrebbe rappresentare un bel passo in questa direzione. Guai a non approfittarne!