Un viaggio nella storia della fotografia per studiare da vicino il profilo controverso del padre dei criminologi. Per la prima volta esposte al pubblico, il Museo Nazionale del Cinema di Torino ospiterà fino al 6 gennaio 2020 una selezione di 305 fotografie provenienti dall’Archivio del Museo di Antropologia criminale “Cesare Lombroso” dell’Università, in parte restaurate per l’occasione.
Le immagini - arricchite da alcuni disegni, un manoscritto, libri, un pannello illustrativo, riviste e altro - vanno ad ampliare la mostra "#FacceEmozioni. 1500-2020: dalla fisiognomica agli emoji", inaugurata il 17 luglio scorso: un percorso emozionale tra maschere e sistemi di riconoscimento facciale, dalle origini fino ai nostri giorni.
L'allestimento "I 1000 volti di Lombroso" - a cura di Cristina Cilli, Nicoletta Leonardi, Silvano Montaldo e Nadia Pugliese - vuole creare un parallelo tra le numerose fotografie di volti presenti nel fondo e le diverse sfaccettature del pensiero lombrosiano, evidenziando lo stretto legame tra la fotografia e il ruolo sociale della scienza a cavallo tra XIX e XX secolo.
Tra il 1860 e il 1909, Lombroso raccolse, grazie alla sua fitta rete di relazioni con criminologi e medici, un'enorme quantità di immagini di soggetti appartenenti prevalentemente al mondo della psichiatria della criminalità. Queste fotografie furono sistematicamente utilizzate dall’antropologo veronese nella ricerca, nella didattica e nella divulgazione scientifica, come prova documentaria e dato positivo da associare a misurazioni antropometriche dei crani, disegni, descrizioni biologiche e psicologiche.
Il percorso della mostra, articolata in cinque sezioni, presenta una selezione ragionata di questi materiali, in senso cronologico. Si parte dagli studi sui malati psichiatrici e sul genio, passando poi per la teoria sull’atavismo (secondo la quale alcuni individui presentano i caratteri regressivi tipici dell’uomo primitivo); e, ancora, le ricerche sul brigantaggio e sul delitto politico, per arrivare alla criminologia in rapporto al razzismo con un focus specifico sulla donna delinquente. Il percorso termina con un’ampia panoramica di immagini legate alla fotografia segnaletica e la nascita della polizia scientifica.
Lombroso utilizzò lo studio del volto insieme ad altri segni particolati (come i tatuaggi presenti sui corpi dei criminali da lui accomunati a quelli delle “popolazioni primitive”), per formulare la sua teoria del delinquente atavico, una sorta di moderno selvaggio riconoscibile da una serie di caratteristiche fisiche. A supporto delle sue teorie sulla devianza, l'antropologo impiegò anche fotografie di briganti, prevalentemente del sud Italia, e raccolse un centinaio di ritratti scattati fra il 1861 e gli anni settanta dell’Ottocento, alcuni dei quali presenti in mostra. A testimonianza dell’interesse di Lombroso nei confronti del delitto politico sono esposte una serie di fotografie e disegni che ritraggono anarchici e rivoluzionari, fra cui Anna Kuliscioff, rivoluzionaria in Russia, socialista e femminista in Italia.
Proprio al tema della donna delinquente è dedicata la terza sezione della mostra, che presenta diverse fotografie di crani di prostitute, scattate all’interno di bordelli, ritratti di napoletane e argentine, oltre a una serie di carte de visite di delinquenti russe. Insieme al futuro genero Guglielmo Ferrero, nel 1893 Lombroso pubblicò il primo trattato al mondo sulla delinquenza di genere, che venne tradotto in diverse lingue. Andando contro i giudizi precedenti, che vedevano nelle donne un freno al dilagare del delitto, i due criminalizzarono la prostituzione indicandola come la forma di delinquenza più tipicamente femminile. In contrasto con le coeve richieste di parità di diritti civili e politici da parte dei movimenti femminili, i due studiosi affermarono l’inferiorità della donna rispetto all’uomo.
Al sessismo chiaramente espresso nelle toerie lombrosiane, si accompagna, nella mostra, il legame fra criminologia e razzismo, manifestato dalle foto segnaletiche di criminali aborigeni australiani, cubani, egiziani, ebrei, russi, tedeschi, gitani, messe accanto a scatti di “pederasti”, “pervertiti”, “saffiste” e “terzo sesso”.
La mostra si conclude con un approfondimento sulla fotografia segnaletica e la polizia scientifica. Nel 1886 Lombroso propose di applicare in Italia i metodi “esattamente governabili” delle scienze alle indagini poliziesche. Il suo invito venne accolto da Salvatore Ottolenghi, che, a partire dal 1895, introdusse nel Paese tecniche di investigazione scientifica comprendenti l’uso della fotografia accanto al segnalamento descrittivo, antropometrico e dattiloscopico dei delinquenti o presunti tali.