La Grande Guerra dei soldati stranieri dimenticati: a Torinodanza "Xenos" risveglia la memoria
Alle Fonderie Limone di Moncalieri il 25 e 26 settembre, diretto da Akram Khan
Sono un milione e mezzo i soldati indiani che hanno combattuto nella Grande Guerra, tra gli oltre quattro milioni di stranieri stipati nelle trincee, a combattere e morire ogni giorno. I loro nomi, rimossi dalla memoria collettiva, sono diventati protagonisti del nuovo lavoro del coreografo anglo-bengalese Akram Khan, Xenos, al suo debutto per Torinodanza, questa sera, alle Fonderie Limone di Moncalieri.
Andato in scena in prima nazionale, dal 18 al 20 settembre, al Teatro Argentina di Roma nell’ambito del Festival Romaeuropa, è stato commissionato da 14-18 NOW, l’organizzazione che ha promosso in Inghilterra la commemorazione dell’anniversario della prima guerra mondiale. «La mia attenzione si è rivolta ai fatti che vengono sepolti per cambiare la Storia o scriverla in un modo diverso - ha dichiarato Khan -. Come ha sottolineato un accademico indiano, la memoria non è fatta di luce bianca e ciò che abbiamo letto e studiato non è esattamente quello che è avvenuto».
L'identità dei soldati dimenticati viene così rievocata in Xenos - "straniero", in greco antico - e giunge agli spettatori attraverso la voce scricchiolante di un grammofono a batteria.
Consultando gli archivi, Akram insieme alla drammaturga Ruth Little e lo scrittore Jordan Tannahill, hanno ricostruito la storia di un soldato immaginario, un uomo che ha visto gli orrori della guerra e non potrà mai tornare ad essere se stesso. «Gli archivi e i diari raccontano dei miti contemporanei, restituendo una lezione da cui dobbiamo imparare perché non si ripetano un’altra volta gli stessi errori».
Il protagonista è un nuovo Prometeo, il titano che creò l'uomo dall'argilla, rubò il fuoco agli dei per consentire all'umanità di costruire una civiltà e per questa sua trasgressione fu orribilmente punito. Come Prometeo viene incatenato su una montagna e torturato per l’eternità, il soldato di Xenos è costretto a soffrire e il cui corpo diventa un mero strumento di guerra.
Nello spettacolo, il linguaggio del movimento di Khan si sposta tra il kathak classico e la danza contemporanea. Un'opera al confine tra Oriente e Occidente, passato e presente, storia e mitologia, dove l’umanità si erge ancora in uno stato di meraviglia e confusione.