Economia e lavoro - 26 settembre 2019, 08:41

Frutta e miele in ginocchio: Coldiretti chiede lo stato di crisi alla Regione

Il maltempo ha ridotto la produzione del 70%, mentre i prezzi della frutta sono inferiori ai costi di produzione. E intanto i coltivatori chiedono anche una riduzione del periodo di divieto degli abbruciamenti

Frutta e miele in ginocchio: Coldiretti chiede lo stato di crisi alla Regione

Coldiretti ha chiesto alla Regione Piemonte l’avvio delle procedure per ottenere il riconoscimento dello stato di crisi per i settori apistico e frutticolo. La richiesta, firmata da Roberto Moncalvo, presidente di Coldiretti Piemonte e Bruno Rivarossa, delegato confederale, è partita il 23 settembre scorso, indirizzata ad Alberto Cirio, presidente della Regione Piemonte e a Marco Protopapa, assessore regionale all’Agricoltura, cibo, caccia e pesca. In Piemonte l’annata è caratterizzata da un andamento climatico anomalo con sempre più frequenti fenomeni meteorologici estremi, quali temperature stagionali inconsuete, prolungati periodi siccitosi o piovosi, trombe d’aria e violente grandinate.

«L’anomalo andamento meteo ha condizionato la produzione di miele e il comparto frutticolo - spiega Fabrizio Galliati, presidente di Coldiretti Torino -. In particolare è crollata la produzione del miele, le stime arrivano fino a un calo del 70 per cento rispetto alle annate normali. Le api hanno patito gli sfasamenti climatici. Il rischio? Vedere aumentare l’arrivo di miele proveniente dall’estero. La concorrenza al miele Made in Piemonte arriva dalla Cina e dall’Est Europa. Da questi due Paesi proviene miele spesso a basso costo, non all’altezza degli standard qualitativi subalpini».

«Il poco miele piemontese prodotto è comunque di elevata qualità – aggiunge Michele Mellano, direttore di Coldiretti Torino - per questo invitiamo i consumatori a leggere con attenzione l’etichetta del miele che si acquista. Per il miele l’indicazione d’origine è obbligatoria. Consigliamo ai consumatori di privilegiare gli acquisti nei punti di vendita diretta del circuito Campagna Amica direttamente in azienda o nei mercati dei produttori».

«Per quanto riguarda la frutta – aggiunge Mellano – registriamo prezzi alla produzione inferiori ai costi di sostenuti dalle imprese agricole, ma anche tempi di pagamento alle imprese troppo dilazionati; non mancano poi le emergenze fitosanitarie che condizionano le produzioni. A fronte di queste situazioni riteniamo fondamentale che la Regione Piemonte, come chiesto da Coldiretti al presidente Alberto Cirio e all’assessore Marco Protopapa, avvii l’iter per arrivare al riconoscimento dello stato di crisi per il comparto apistico e per quello frutticolo. L’obiettivo è attivare , quanto prima, le misure necessarie per venire incontro agli apicoltori e ai frutticoltori che, sinora da soli, stanno fronteggiando queste criticità».

Ma non è questo l'unico fronte su cui si sta battendo Coldiretti. L'altro è quello degli abbruciamenti, chiedendo sempre alla Regione di rivedere la norma. «Il rispetto dell’ambiente viene prima di tutto - dice ancora Galliati -, ma spesso si dimenticano gli impatti di determinati provvedimenti sulle produzioni agricole che caratterizzano numerose aree del territorio piemontese e che, rappresentando un’eccellenza del Made in Piemonte e, non va mai dimenticato, costituiscono una significativa fonte di reddito per il settore primario come per l’economia della nostra regione».

Il presidente della Coldiretti torinese precisa: «Per gli abbruciamenti - come spiegato nell’incontro della scorsa settimana a Matteo Marnati, assessore all’Ambiente, energia e innovazione della Regione Piemonte e a Marco Protopapa, assessore regionale all’Agricoltura, cibo caccia e pesca - di materiale vegetale, fondamentale per l’agricoltura e senza ripercussioni gravi sulle emissioni. In Piemonte, il divieto si estende dal 1° novembre fino al 31 marzo: un periodo che Coldiretti ritiene estremamente ampio , tale da non permette di eseguire interventi volti a mantenere puliti i boschi e i terreni come, invece, sarebbe necessario. Divieto che condiziona pratiche utili, soprattutto, per la corilicoltura, la castanicoltura  e la frutticoltura». 

La richiesta dei coltivatori piemontesi è che il periodo di divieto si riduca tra il 15 dicembre e il 31 marzo.

M.Sci

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