Bracci meccanici che si muovono da soli, pesi che si sollevano e tornano ad adagiarsi a terra, tecnologie che analizzano, selezionano e smistano oggetti con altissima precisione. Ma anche avatar in grado di rispondere a tutte (o quasi) le domande, mouse che permettono di giocare ai videogame anche a chi è ipovedente o non vedente, dispositivi in grado di esplorare le tubazioni in cerca di perdite e un enorme robot anni 80, realizzato con stampante 3D, che domina su tutti gli stand. Se c'è un oblò che più di altri si affaccia sul futuro, questo può essere spalancato all'Oval Lingotto, dove da oggi a venerdì si tiene l'edizione 2020 di A&T, la fiera dedicata all'automazione e alle nuove frontiere tecnologiche per le aziende. "Siamo in una fase di grande trasformazione digitale, cosa può fare ognuno di noi? - ha chiesto aprendo i lavori il patron di A&T, Luciano Malgaroli -. Pretendere di più da chi ci governa, perché sono troppo pochi gli stanziamenti per la ricerca e innovazione. Ma al tempo stesso è necessario aprirci a questa nuova strada che deve portare a nuovi modelli di business".
Circa 15mila i passaggi in Fiera previsti, alla luce di oltre 400 espositori presenti (italiani e stranieri). Nell'arco dei tre giorni di manifestazione, la cui conclusione è prevista per venerdì 14 febbraio, ci sarà spazio anche per le start up: le 13 migliori aziende selezionate presenteranno i loro progetti, mentre proprio il giorno di San Valentino sarà assegnato il Premio Innovazione 4.0 alla presenza del ministro Paola Pisano.
"In questi 4 anni A&T è diventato l'evento di riferimento a livello nazionale per questo settore - commenta l'assessore allo Sviluppo economico di Torino, Alberto Sacco - ed è funzionale all'idea di città che abbiamo, insieme a centri di ricerca, università e imprese all'avanguardia".
Ma la Fiera non è solo vetrina: è anche momento di analisi, per capire a che punto si trovano le aziende italiane in termini di digitale e innovazione. Una ricerca del Politecnico di Milano dimostra che la strada da fare è ancora lunga (solo il 26% delle aziende dimostra "maturità digitale"), anche se non mancano consapevolezza e buone intenzioni. La timidezza è però ancora forte, così come il rischio di non essere più competitivi su un mercato sempre più globale. Pesano i costi di acquisto (27%), ma anche la carenza di competenze (24%) o lo scarso supporto da parte delle istituzioni (11%).
Torino e il Piemonte si collocano in quel Nord Ovest in cui risiedono il 32% delle PMI italiane, dove la consapevolezza digitale è più forte, ma dove si rilevano ancora dati preoccupanti: il 13% non ha figure che si dedichino a digitale e ICT, il 32% non adotta misure di cyber security e addirittura il 20% non ha un sito web. Ancora un'azienda su cinque, dunque.
"La sfida è difficile, ma non bisogna perdere ottimismo - aggiunge Andrea Tronzano, assessore allo sviluppo attività produttive e pmi della Regione -. I numeri non raccontano la solidità e la forza degli imprenditori, che si tocca con mano conoscendole di persona. Con il Piano competitività cercheremo di fare la nostra parte, sostenendo le aziende con 5-600 milioni di euro. Dobbiamo cercare di fare sistema con tutti gli attori protagonisti: la diffidenza è uno dei bachi che non permette al Piemonte di migliorare la propria competitività".
"La stessa indagine, due anni fa, avrebbe dato risultati anche peggiori - commenta Dario Gallina, presidente di Unione Industriale di Torino -, ma un numero così ampio di aziende ancora impreparate è preoccupante. Dobbiamo diffondere la consapevolezza dei benefici, ciò che stiamo già facendo con il Competence Center Cim 4.0. Ma serve anche una politica industriale, ruolo che negli ultimi anni ha svolto solo il piano Industria 4.0".