Era il 7 marzo. Il presidente della Figc Gabriele Gravina rilasciava queste parole in televisione (Rai2): "In caso di giocatore positivo a coronavirus non possiamo escludere la sospensione del campionato di serie A. Dobbiamo essere realisti, il rischio è reale», aveva aggiunto il numero uno della Federcalcio precisando che nel caso "...adotteremo tutti i provvedimenti per la tutela degli atleti, cercando di capire che impatto avrebbero sull’attività sportiva. Non possiamo escludere nulla né azzardare ipotesi che non possiamo prevedere".
Nella serata dell'11 marzo è arrivata la doccia fredda. La "comunicazione urgente" del club bianconero arriva intorno alle 23: "Il calciatore Daniele Rugani è risultato positivo al Coronavirus-COvid-19 ed è attualmente asintomatico". La Juventus "sta attivando in queste ore tutte le procedure di isolamento previste dalla normativa, compreso il censimento di quanti hanno avuto contatti con lui".
Questo è il risultato dopo il classico "spettacolo che doveva andare avanti", contro tutto e tutti, perchè anche gli interessi economici hanno prevalso su quelli relativi alla salute: la gara Juve-Inter, che si sarebbe dovuta spostare a maggio, si è giocata lo stesso con buona pace di tutti. Adesso Juve e Inter sono in quarantena, la serie A rischia una seria sospensione ed è praticamente certo che il 17 marzo Juventus-Lione non si giocherà per il ritorno degli ottavi di Champions.
Gravina, ora, dovrà chiarire quali saranno i nuovi provvedimenti relativi alla serie A. Dopo il caso-Rugani lo scenario è cambiato, ancora una volta.