Cultura e spettacoli - 10 maggio 2020, 20:39

"Siamo un festival ipertrofico e riflettiamo sul presente: vi porteremo il Fringe anche sotto casa" [INTERVISTA]

La presidente Cecilia Bozzolini: "All'estero norme meno stringenti delle nostre. Ci confrontiamo con gli operatori culturali per capire come cambierà il sistema e sostenere i professionisti rimasti senza lavoro"

"Siamo un festival ipertrofico e riflettiamo sul presente: vi porteremo il Fringe anche sotto casa" [INTERVISTA]

Cecilia Bozzolini, annullata l’edizione prevista dall’11 al 31 maggio, il Torino Fringe Festival è al lavoro per la riprogrammazione. Possiamo fare una panoramica del calendario rimasto al momento in sospeso, in termini di eventi e artisti coinvolti?

Il cartellone era molto fitto, sia per quanto riguarda gli spettacoli teatrali, sia per tutti quelli che noi definiamo eventi collaterali al festival vero e proprio. Abbiamo infatti aumentato la durata dell’evento, con circa 35 rappresentazioni per un totale di 350 repliche. Gli artisti partecipano come sempre tramite bando, e quest’anno sono arrivate circa 300 candidature dall’Italia e dall’estero. Ad esempio era prevista l’esibizione di un artista cipriota che avrebbe portato un lavoro molto interessante e intimo sulla cerimonia del tè. L’idea adesso è di tutelare la maggior parte del cartellone posticipandolo al 2021. Mentre gli eventi collaterali si sarebbero svolti nei primi dieci giorni, spaziando tra concerti, performance all’aperto e conferenze: siamo e saremo sempre un festival ipertrofico. 

La nuova edizione sarà quindi basata sulla scelta di spazi non convenzionali, con una ridefinizione degli appuntamenti da includere. Quali sono, quindi, i luoghi più idonei a ospitare questa nuova formula? E come cambia il rapporto con il pubblico?

Noi già nasciamo come festival non convenzionale, muovendoci in ambienti ben diversi dai teatri classici, e prediligendo ad esempio spazi come il Magazzino sul Po, la sala conferenze del Museo Egizio, l’Unione Culturale. Abbiamo sempre fatto sì che il pubblico si imbattesse letteralmente nel teatro; a livello di prossemica, i luoghi scelti permettono la vicinanza più stretta tra spettatori e pubblico, anche prevedendo scambi tra artisti e spettatori dopo lo spettacolo, davanti a una birra, o momenti più formali e focus precisi. A maggior ragione adesso vogliamo portare ancora di più lo spettacolo dal vivo verso il pubblico. Stiamo naturalmente ragionando per ipotesi, perché finché non abbiamo misure e parametri precisi possiamo solo immaginare di occupare spazi aperti, giardini, parchi, cortili, oppure figurarci che il pubblico da casa propria veda lo spettacolo fuori dalla finestra, quindi portando letteralmente gli artisti sotto i portoni e nei cortili, quando ci sarà concesso.

Come si sta delineando il dialogo con gli enti partner del Fringe? Percepite la disponibilità all’apertura e alla sperimentazione, nella Torino che si risveglia dalla quarantena?

Con i nostri partner c’è sempre una grandissima apertura, nonché la voglia comune di proseguire i progetti iniziali come ce li eravamo immaginati, mediante un grande confronto fra tutti e una comunione di intenti. Si cerca insieme di portare avanti quello che si potrà fare, basandoci ovviamente sulle normative che ci verranno fornite.

Avete testimonianza di altri festival Fringe a livello internazionale, con cui eventualmente confrontarvi per la scelta delle strategie migliori?

Noi facciamo parte della rete internazionale World Fringe, che raggruppa tutti i festival a livello globale: ci sono diversi momenti di confronto con i vari referenti, e notiamo che la differenza sta soprattutto nelle tempistiche di programmazione, perché alcune kermesse biennali ora non vivono la contingenza della problematica sanitaria. Tuttavia è molto interessantie confrontarsi, perché spesso, all’estero, dal punto di vista delle norme, la situazione è leggermente diversa dall’Italia. Continuiamo quindi a cercare il confronto con tutti gli attori coinvolti. 

Un altro elemento della nuova edizione sarà la riflessione post Coronavirus. Come pensate di declinarla?

La riflessione verrà da sé e partirà dagli artisti stessi, perché il loro ruolo è proprio quello di prendere quanto c’è nella realtà e tradurlo con il proprio linguaggio. Stiamo quindi prevedendo dei momenti di confronto sul tema anche con gli operatori culturali per capire come cambierà il sistema e far sì che la situazione riparta senza zoppicare, trovando delle forme che vadano a sostenete tanti mestieranti che in questo momento sono senza lavoro. Non possiamo fare a meno di non prenderci questo impegno, ragionando sulle soluzioni possibili. 

Manuela Marascio

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