Inginocchiato davanti all’ambulanza con le mani accostate nell’atto della preghiera, Louis Faye, volontario da 9 anni della Croce verde di Porte continua a prestare il suo servizio nonostante il rigido digiuno imposto dal Ramadan. La fotografia scattata da un altro volontario, Eugen Strungariu, ha un valore emblematico per l’associazione portese, come rimarca il suo presidente Massimo Scoditti: «Fare del bene non è questione di religione o colore della pelle, all’interno del nostro gruppo sono presenti 4 confessioni religiose diverse: cattolici, valdesi, ortodossi e musulmani, oltre a volontari atei. Questa foto ben rappresenta lo spirito del nostro modo di fare volontariato: le differenze tra di noi non producono diversità».
Louis Faye, originario di Dakar (Senegal) vive a Porte da 17 anni: «Fare volontariato è il mio modo di contribuire per questo paese» spiega. «Ho iniziato il Ramadan il primo maggio e fino al tramonto non è possibile mangiare né bere, nemmeno acqua – aggiunge –. Certo, lavorare in queste condizioni è più faticoso ma, se compiuti con il cuore, i sacrifici non pesano». La Croce verde di Porte, come molte associazioni in questo periodo, sta lavorando a ritmo serrato ed è quindi importante che i volontari più giovani, come Louis, possano prestare con continuità il loro servizio: «In tutto siamo un centinaio ma preferiamo che i volontari ultra sessantenni rimangano a casa durante l’emergenza Covid. Così, i quattro turni al giorno e i festivi devono essere coperti dai più giovani» sottolinea Scoditti.
Generalmente la Croce verde di Porte svolge 13.000 ore di servizio all’anno ma negli ultimi tempi l’aumento di lavoro è stato notevole: «In due mesi abbiamo coperto più di trecento servizi di emergenza. Circa il 50% riguarda casi Covid o sospetti, percentuale che comunque sta scendendo. Ultimamente sono aumentati invece gli interventi nelle residenze per anziani e i casi correlati all’emergenza Covid, determinati dal periodo di solitudine e convivenza forzata: ad esempio litigi familiari e crolli psicologici».
Scattata durante una pausa nel suo turno di servizio, la foto di Louis Faye in preghiera rappresenta un vissuto comune a tanti volontari impegnati nell’emergenza sanitaria: «Non avendo a disposizione un tappeto per la preghiera, Louis ne ha improvvisato uno usando un indumento della sua divisa. Effettivamente in questi giorni la divisa ha rappresentato per noi non solo uno strumento di difesa ma è entrata a far parte della nostra identità – riflette Scoditti –. Inoltre, siamo soddisfatti che sia emersa la forza che ha il volontariato nel nostro Paese».