Un documentario sulla vita della gente comune e non durante l’emergenza Coronavirus, rivolto alle generazioni future che tra diversi anni si porranno domande su quanto avvenuto in Italia nei primi mesi del 2020. È il nuovo lavoro del giovane regista torinese Ivan Pascal Sella, trentunenne, realizzato in collaborazione con Antony Cavallo e l’associazione culturale Vena Artistica di Vittoria Adamo. Due mesi di lavoro da remoto per raccogliere parole e visi da ogni parte d’Italia, che potessero rendere viva e più che mai sincera l’esperienza della reclusione nell’attesa della libertà.
“Ho provato un’emozione forte vedendo i comportamenti delle persone durante la quarantena - spiega Ivan -. Tutti affacciati al balcone a cantare o ad applaudire ai medici e infermieri impegnati negli ospedali. C’era un forte senso di aggregazione sociale, veniva meno l’indifferenza degli uni verso gli altri. A livello professionale, avrei dovuto girare un nuovo corto, ma ho dovuto interrompere tutto con l’inizio del lockdown. Mi sentivo molto demoralizzato. Ma, poi, ecco la scintilla: volevo far sognare raccontando quello che stavo vedendo”.
Da lì l’idea di coinvolgere prima vicini di casa, amici e parenti, per poi allargare il bacino ad attori e professionisti del mondo dello spettacolo. Avviando la macchina l’8 marzo e portandola ufficialmente a termine il 12 maggio, con la successiva distribuzione sulla piattaforma FilmFreeway, all’interno del circuito internazionale dei festival cinematografici. “Ho dato vita a un documentario che definirei futuristico, raccontando storie di famiglie in una sorta di flashback, attraverso la figura di un padre, di un nonno, che guarda al tempo passato, e affidando la narrazione alla voce di Angelo Maggi, doppiatore, tra gli altri, di Tom Hanks. Durante la quarantena ho visto persone di vari stati sociali ed età darsi forza a vicenda: tutto questo mi ha fornito lo stimolo giusto per mettermi all’opera. E avevo bisogno di molte persone, da comuni cittadini a volti noti, sparse per tutto il Paese, da nord a sud”.
Ed è lunghissima, infatti, la carrellata dei partecipanti al docu-film, circa un centinaio: Cristina Chiabotto, Gianluigi Nuzzi, Giulio Base, Fabio de Nunzio, Franco Neri, per citare alcuni dei vip. E poi, lo scrittore e giornalista saluzzese Gian Maria Aliberti Gerbotto, Sabrina Martinengo, Rita Clerico, Paolo Belletrutti, Andrea Zirio, Michele Franco, Greta Tedeschi, Giacomo Urtis, Barbara Morris, Nina de Caprio, Emanuele Picozzi, Daniele Vitale, Mauro Villata, Giampiero Perone, Edoardo Mecca, Giuseppe Liotti, Daniela Fazzolari, Martina Pascutti, Tamara Brazzi, Stefano Bencompagnato, Mauro Tarantini, Vittoria Castagnotto, Alberto Lionetti, Francesca Parrotta, Massimo De Rosa, Wlady, Orlando Orfeo, Donatello Iacullo, Sofia Bartoli, Beatrice Baldaccini, Claudia Campolongo, Marco Stabile, Jack Bonora e Fabio Marchisio.
“Volevo dare prospettive differenziate - continua Ivan -, trasmettendo l’idea che il virus ha tolto qualcosa a tutti, anche ai più grandi. Sicuramente non è stato semplice coordinare gli attori, non vedendoli dal vivo. Ho chiesto a ciascuno di registrare un breve video, anche col cellulare, fornendo alcune indicazioni: dire cosa hanno perso e cosa hanno ricevuto da questa esperienza, e lasciare un messaggio a chi verrà dopo di noi e non sa cosa ci è accaduto in questo periodo. Poi ho raccolto e assemblato tutto il materiale. Alcuni video erano molto toccanti, altri più simpatici e ironici. Si è creato un grande carosello di testimonianze, capace di trasmettere serenità e voglia di ripartire, tralasciando i contenuti drammatici”.
Anche il titolo, Il saggio, è evocativo e simbolico. “Una parola - commenta Ivan - che in italiano ha molteplici significati: è un tema, un elaborato scritto, oppure una persona che ha vissute molte vicissitudini ed è cresciuto, maturato. Il saggio, poi, è colui che ti insegna la vita attraverso le sue esperienze. Ma non solo: anche una voce o una musica possono essere sagge. Non avrei potuto rappresentare al meglio il mio progetto”.
Ora l’obiettivo è diffondere il documentario il più possibile attraverso i canali festivalieri, mostrando soprattutto all’estero la fotografia di un’Italia duramente colpita dalla pandemia, ma che ha saputo risollevarsi a partire dai valori fondanti della società. Con un piccolo desiderio da realizzare appena possibile: “Vorrei organizzare una cena - conclude Ivan - invitando tutti coloro che hanno contribuito al mio film, per ringraziarli dal vivo e far sì che interagiscono e si conoscano dal vivo, dopo due mesi di cambi virtuali. E spero anche di attivare collaborazioni future e di poter presentare quanto prima il mio lavoro in sala. Sicuramente ci candideremo ai festival di Cannes, Venezia, Toronto, Manhattan. Sappiamo di aver creato qualcosa di diverso, di interessante soprattutto per il nostro domani. Poi si vedrà”.