“Vogliamo lavorare, basta false promesse”. In una piazza Castello da settimane teatro delle proteste dei lavoratori piemontesi non poteva mancare chi da anni, ormai, cerca disperatamente di far arrivare la propria voce alle istituzioni: i lavoratori ex Embraco.
Se da una parte la pandemia Coronavirus aveva fermato il tempo e di conseguenza placato il malcontento tra i lavoratori “fermi” in fabbrica, la ripresa delle attività produttive ha fatto riaffiorare i vecchi problemi, per i quali non sembra possibile trovare una soluzione. “Siamo venuti qua per chiedere alla Regione di intervenire, se non siamo morti di Coronavirus moriremo perché non abbiamo i soldi per fare la spesa”, afferma Giovanni Maurizio Ughetto, delegato Fiom. “Chiediamo un incontro urgente al ministero che si sta mettendo di lato. Embraco e Ventures si stanno facendo guerra legale, a noi non interessa. Vogliamo lavorare, che ci paghino gli stipendi arretrati, la quattordicesima. Il Governo non faccia l’arbitro e intervenga, dal momento che aveva avallato il piano industriale” conclude il delegato.
La disperazione dei lavoratori è acuita dalla delusione della mancata reindustrializzazione. Gli operai, dal loro canto, chiedono alla Regione Piemonte di convertire la catena di montaggio in produzione di dispositivi di protezione individuale, prodotti fondamentali per fermare il contagio da Coronavirus. “Saremo pronti a partire anche oggi pomeriggio, che problema c’è? Non abbiamo paura di lavorare, abbiamo paura di non lavorare”, racconta un operaio. Lui stesso, qualche settimana fa, si era reso protagonista di un gesto eclatante, simbolico: “Quando mi è arrivata la mascherina della Regione Piemonte, ho visto che era stata prodotta in Marocco. Allora l’ho presa, l’ho imbustata, ho messo il francobollo e l’ho rispedita al presidente Cirio”.
"Non ci sono novità - dice Ugo Bolognesi, responsabile di Fiom Torino per Embraco -: da aprile aspettiamo che il Mise riconvochi il tavolo e non ci interessano le liti tra le aziende coinvolte, non ci devono andare di mezzo i lavoratori. Nel nostro Paese, più che chiudere le fabbriche, bisognerebbe aprirle e ci vuole la mano pubblica: bisogna tornare a immaginare un futuro e il ministero non può essere latitante".
"Questa, come altre vertenze, non può finire in un nulla di fatto - aggiunge Vito Benevento, della segreteria di Uilm Torino -: il Ministero è colpevole di una reindustrializzazione che non è mai partita. Bisogna trovare una soluzione affinché questo sito torni a funzionare e le persone a lavorare. Basta con le false promesse".
"I tempi erano già stretti prima, ora lo sono ancora di più nonostante la cassa per Covid - conclude Arcangelo Montemarano, di Fim Cisl -. Più che guadagnare tempo, siamo qui per denunciare l'assenza delle istituzioni. Da Roma c'è un silenzio imbarazzante e la pandemia non può essere la scusa per evitare l'argomento: da un anno e mezzo stiamo raccontando come la reindustrializzazione sia stata una farsa e non otteniamo risposte".
Nonostante la cassa integrazione copra i lavoratori fino a luglio, la richiesta viene ripetuta come un mantra: “Vogliamo tornare a lavorare, abbiamo famiglie a casa da sfamare” urlano a gran voce gli operai, in attesa di essere ricevuti dall’assessore regionale al Lavoro, Elena Chiorino.
“La situazione è chiara, bisogna trovare una soluzione a questi signori che hanno già subito molto - afferma l’assessore al Commercio del Comune di Torino, Alberto Sacco - Il prolungamento della cassa integrazione è una buona notizia, ma bisogna capire le intenzioni di Whiirpool”. “Abbiamo sperato che la nuova società potesse avviare una fase di re-industrializzazione, cosa che a due anni di distanza non è avvenuta”, ribadisce Giampiero Tolardo, sindaco di Nichelino. “La proposta è quella, vista l’emergenza Covid, di riconvertire quello stabilimento in una realtà che possa produrre attrezzature di tipo sanitario. Ci sono fondi europei disponibili, è necessario andare in quella direzione. Dobbiamo prendere di petto questa situazione e dare una soluzione a questi lavoratori che stanno patendo da tanti anni”.
"Ieri, oggi e domani, sempre al fianco dei lavoratori e delle lavoratrici", ha detto l'assessore al Lavoro del comune di Nichelino, Fiodor Verzola. "Di nuovo in piazza per tornare a parlare di lavoro e di tutela del lavoro. Siamo capofila, come Città di Nichelino, di una mia proposta politica per appoggiare la linea della riconversione in produzione di materiale sanitario voluta dagli operai".
Questa, invece, la nota diffusa dall'azienda, a seguito della manifestazione odierna dei lavoratori: "Whirlpool Corporation intende reiterare la sua profonda preoccupazione circa la situazione di Riva di Chieri e le sue ricadute sui lavoratori di Ventures. Sebbene il sito sia stato trasferito a Ventures nel luglio 2018, e quindi non abbiamo alcun obbligo legale in questa vicenda come ex proprietari, ci prepariamo a perseguire legalmente Ventures per assicurare che i lavoratori del sito possano beneficiare dei fondi Escrow accantonati durante il trasferimento per facilitare la reindustrializzazione del sito".
"Quando Whirlpool decise di uscire dal mercato dei compressori nel 2018, Ventures fu selezionata, sulla base di un programma valutato positivamente dal Governo italiano e da Invitalia, per guidare la reindustrializzazione del sito. Da allora, Ventures non ha rispettato gli impegni presi e da dicembre 2019 viene meno alla sua responsabilità di pagare i lavoratori del sito, pur avendo usufruito delle risorse del fondo Escrow. Siamo delusi dal modo in cui Ventures ha gestito questa situazione".
"È a partire dal rispetto ed empatia che Whirlpool prova nei confronti dei lavoratori di Ventures, delle loro famiglie e della comunità, che abbiamo deciso di perseguire l’azione legale", conclude la nota.