Sanità - 15 giugno 2020, 20:05

"Cento giorni dentro un frullatore": Roberto Testi racconta l'esperienza al coordinamento dell'Unità di crisi

"Alla fine - ha scritto su Facebook - posso solo dire grazie a tutti i compagni di avventura. E' stato per me un onore che porterò nel cuore"

"Cento giorni dentro un frullatore": Roberto Testi racconta l'esperienza al coordinamento dell'Unità di crisi

"Sono convinto che, se tutto si poteva fare meglio guardandolo dopo, alcune decisioni che allora sono state davvero pesanti da prendere hanno risparmiato alla nostra Regione morti e malati. Mi auguro che la storia lo dimostrerà". Così, su Facebook, il medico Roberto Testi, racconta la sua esperienza all'Unità di crisi anti coronavirus, dove è coordinatore scientifico.

"Alla fine - scrive - posso solo dire grazie a tutti i compagni di questi 100 giorni di avventura. E' stato per me un onore e sono certo che ce lo terremo per sempre nel cuore".

"Dal 22 febbraio - racconta - abbiamo condiviso ogni giornata dentro un frullatore che pareva non rallentare mai, di fronte ad una cosa che nessuno si aspettava, che nessuno sapeva come sarebbe evoluta e con pochi mezzi per combatterla e, soprattutto, con la necessità di prendere decisioni non basate su una esperienza che nessuno aveva, ma sul buon senso e la fortuna".

"Nell'emergenza - prosegue Testi - a volte pensiamo di fare la cosa giusta. Non abbiamo sempre la certezza di quale essa sia, ma si deve decidere. Solo a posteriori si potrà dire se una decisione è stata corretta, e questo neanche accade sempre. Ma per poterlo constatare dovremmo potere percorrere entrambe le scelte: sappiamo bene che non è possibile e comunque si deve scegliere, e spesso in un istante. Allora non rimane che affidarsi all'istinto e all'esperienza".

Parlando dei "compagni di questi cento giorni" il medico ricorda tutti, dai colleghi in camice bianco ai volontari dell'Associazione carabinieri, compresi i vertici della Regione, "quelli che chiamavamo 'i politici' ma che in breve tempo sono diventati Alberto, Luigi, Fabio, Marco e Matteo, che hanno sofferto e trepidato davanti agli schermi quando i numeri sembravano crescere in modo inarrestabile e che hanno cercato in tutti i modi di farci avere quei mezzi e quegli strumenti che non avevamo".

"Quando si combatte - osserva ancora Testi - chi condivide con te ansia, paura e speranze rimane legato da un vincolo diverso e più profondo da quelli che usualmente ci unisce ai colleghi: è qualcosa che ha provato chi è stato militare e rimane tale per tutta la vita".

redazione

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