"L'arte non è uno specchio cui riflettere il mondo, ma un martello con cui scolpirlo", diceva Valadimir Majakovskij, appassionato e sanguigno poeta della Rivoluzione d'Ottobre, di cui ricorrono i novant'anni dalla morte. Ribellione, sdegno, esprit provocateur: sono le micce incandescenti e disarmanti che ancora oggi accendono i suoi versi, riproposti al pubblico nella lettura scenica di Eresia a cura di Pierpaolo Capovilla. Attore e cantautore, leader del Teatro degli Orrori e degli One Dimension Man, sarà questa sera, dalle 20.30, allo sPAZIO211 di via Cigna per la rassegna "Sun of a beach", con una versione più intima e privata dello spettacolo originario nato nel 2011.
Pierpaolo Capovilla, dopo un lungo tour nei teatri diversi anni fa, come sarà questa nuova versione del tuo spettacolo?
Lo faccio completamente da solo, senza accompagnamento musicale, perché in fondo il poeta basta a se stesso. Sarà un Majakovskij rivisitato nella sua stessa interpretazione. Prendo il poeta di un secolo fa e lo trascino nel qui e ora, nella nostra contemporaneità, a dimostrazione del fatto che ci parla benissimo ancora oggi. Questa lettura scenica si aprirà con la sua produzione più ideologica e politica, inserita nel contesto della rivoluzione russa, mentre nella seconda parte entreremo nella dimensione privata della sua poesia, in particolare l'amore per la scrittrica Lilja Brik, diventata la sua musa. La cosa sorprendente è che anche nei suoi versi più intimi riscopriamo la componente sovversiva del poeta, perché il tema dei rapporto di genere è profondissimamente legato alla dimensione della rivoluzione sociale. L'amore, di fatto, per lui riflette l'intenzione stessa di cambiare il mondo in modo progressivo. E la sua narrazione ti fa proprio quest'effetto, ti fa nascere dentro la vocazione politica.
Anche per te è stato così, quindi? Majakovskij è una fonte di ispirazione, un modello, a livello artistico e personale?
Sono militante del partito comunista italiano e, quando interloquisco con altri compagni, mi definisco proprio un comunista majakovskjiano. Lo riscoprii durante tour con Il Teatro degli Orrori, lo leggevo a voce alta di notte, in albergo, perché credo che la poesia pretenda l’enunciazione orale. Il verso diventa tuo, sei tu che ti fai tramite del verso. L’avevo letto da ragazzo, poi tra i 35 e i 40 anni mi stavo pericolosamente trascinando nel cinismo; invece Majakovskij mi ha fatto riscoprire le mie origini, la voglia di cambiare il mondo, ponendo attenzione ai soprusi, alle diseguaglianze, alle asperità della vita, lottando contro questo turbocapitalismo che si sta portando via tutti i nostri valori.
Quindi quale messaggio può comunicare la sua poesia al nostro presente?
Usciamo di casa e torniamo nelle piazze. Il mondo così non può continuare, alziamoci dal sofà. I segnali di mutamento ci sono ovunque, guardiamo cosa è capitato negli Usa di recente, ma anche il movimento Extinction Rebellion contro i cambiamenti climatici e l'opera di Greta Thunberg. C'è bisogno del risveglio di una coscienza politica attorno ai problemi e alle contraddizioni della società in cui viviamo.