Sanità - 26 novembre 2020, 19:00

I primi giorni all’ospedale Valentino: “Riempito il primo reparto, i pazienti arrivano da tutta la Regione” [VIDEO]

Il racconto del direttore Antonio Scarmozzino: “Eravamo abituati a lavorare in camere di degenza, qui ci sono le tende. Per noi non conta, l’importante è il paziente. Gli specializzandi? Un’occasione di formazione, è un’idea eccellente”

I primi giorni all’ospedale Valentino: “Riempito il primo reparto, i pazienti arrivano da tutta la Regione” [VIDEO]

Inaugurato domenica scorsa, l’ospedale del Valentino, allestito in 11 giorni a Torino Esposizioni, ha già iniziato ad accogliere i primi pazienti. Nonostante possa ospitare oltre 450 persone, gli ingressi avvengono alla spicciolata per riempire progressivamente il Quinto Padiglione e alleggerire il carico sulla rete regionale degli ospedali: allo stato attuale, cinque giorni dopo l’apertura, il primo reparto è già stato completato.

Se fino a qualche mese fa pensare a un ospedale nel cuore del Valentino pareva un’opzione impercorribile, oggi medici, infermieri e soprattutto specializzandi si alternano nel curare i pazienti positivi al Coronavirus, cercando di assisterli nel miglior modo possibile e di accompagnarli verso le dimissioni. A dirigere i lavori dell’ospedale da campo, il direttore della Direzione Sanitaria presidio Molinette, Antonio Scarmozzino.

Dottore, primi giorni di operatività all’ospedale temporaneo Valentino, qual è la situazione in questo momento?

La situazione è buona, abbiamo iniziato a fare i primi ricoveri che arrivano da tutta la regione: sono pazienti a bassa complessità assistenziale. in questo momento vi sono circa 20 malati e quindi abbiamo completato il primo reparto.

I pazienti non arrivano solo da Torino ma anche dalle altre province quindi?

Sì, è un ospedale che serve tutti i presidi della rete regionale e i pazienti arrivano da tutta la regione: ne abbiamo provenienti da Novara, Cuneo e Pinerolo.

Esiste un identikit del paziente ricoverato nell’ospedale Valentino? 

In questo momento ci sono soprattutto uomini, le donne sono solo due. Le caratteristiche sono quelle di un soggetto autosufficiente ma affetto da patologia Covid, con necessità di una cura da parte di personale sanitario specializzato. 

L’ospedale è attivo da 5 giorni circa, non è stato ancora dimesso alcun paziente?
No, ma nei prossimi giorni sono previste già le prime dimissioni. Sono ormai imminenti.

Com’è lavorare in un ospedale che qualcuno ha definito “da campo”? Cosa cambia rispetto a una struttura fissa?

Noi siamo medici e infermieri, siamo abituati a curare le persone. Per noi quello che conta sono i pazienti. Qui ci sono persone selezionate per avere dei bassi bisogni assistenziali, che necessitano di cure meno intensive rispetto a quelle ospedaliere ma certamente il contesto è diverso. Non ci sono camere di degenza ma tende, non c’è il bagno in camera. Abbiamo la possibilità di dare assistenza e curare le persone come se fossimo in un normale ospedale. I medici e gli infermieri presenti sono motivati, perfettamente in grado di dare la giusta assistenza necessaria.

L’ospedale Valentino è destinato a riempirsi in maniera modulare a seconda delle esigenze. Può quantificare il personale sanitario impegnato in questo momento?

In questo momento abbiamo iniziato con 50/60 persone tra medici, infermieri, oss, specializzandi delle varie scuole di specialità e studenti delle professioni sanitarie.

Gli specializzandi. Come mai questa scelta? Per loro lavorare in un luogo così inusuale può essere un valore aggiunto per il futuro professionale?

Come dicevo prima, quello che conta è il progetto e la volontà di voler sposare un’idea comune: sono tutti motivati da questa nuova avventura. L’idea del rettore dell’Università di Torino e dell’assessore di trasformare l’ospedale del Valentino in un’occasione di formazione la giudico eccellente per gli studenti. Si tratta di una struttura in cui coesistono medici senior, che hanno la funzione di tutor, dei contrattisti come medici e infermieri che sono stati contrattualizzati ad hoc, e poi ci sono gli specializzandi e gli studenti delle professioni sanitarie che completano i loro percorsi di studio qui.

Lavorando a stretto contatto con i pazienti Covid, nota delle differenze tra la prima ondata e la seconda?

La malattia si presenta con le stesse caratteristiche della prima ondata. All’inizio probabilmente siamo stati tratti tutti in inganno dal fatto che nella seconda ondata fossero state coinvolte persone più giovani senza patologie importanti. Adesso il Covid sta interessando fasce d’età più avanzate, con patologie concomitanti ed è una malattia da non prendere assolutamente sottogamba. Lo vediamo dall’aumento importante del numero di posti letto occupati in rianimazione. 

Andrea Parisotto

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