A febbraio pensavo che il Natale 2020 sarebbe stato come tutti gli altri, che il virus da lì a pochi giorni sarebbe passato, a marzo ho cominciato ad avere qualche dubbio e ad aprile si era ormai stabilmente insinuato il pensiero che a Natale, in quest’anno disgraziato, non saremmo mai arrivati.
E invece siamo qui e questo 2020 non è poi tutto da buttare. Abbiamo lavorato tanto, cercando di dare sempre il meglio, anche quando era davvero difficile, perché nessuno, ma proprio nessuno capiva bene cosa stesse succedendo. Abbiamo sbagliato, abbiamo cercato di rimediare, di stare vicino ai nostri lettori, di fare e farci coraggio, di provare ad esser positivi (ma si usiamola sta parola tabù). E non ci vergogniamo di ammettere che nei momenti di sconforto abbiamo pianto, a volte di disperazione, altre di rabbia, ma molto spesso di gioia e ci siamo sentiti vicini e uniti.
Dopo il disorientamento inziale ci siamo fermati a riflettere, su come non correre dietro alle notizie, ma sul come far si che le informazioni fossero anche e soprattutto utili, di buon senso, dando voce anche le cose “belle” di questo 2020, alle iniziative, alla solidarietà, alle idee e al coraggio.
Abbiamo ascoltato e raccontato come sempre le storie di tutti, mettendoci del nostro, il nostro impegno, la nostra sensibilità, il nostro cuore.
Forse questo sarà davvero il primo Natale che vivremo con lo spirito giusto, apprezzando le cose semplici e ringraziando di poter comunque essere qui a raccontarlo ancora questo strambo 2020.
Grazie ai miei preziosi collaboratori, persone per bene, che danno sempre il 200 per cento, grazie alla mia e alle loro famiglie che supportano e sopportano il peso di vivere accanto ad un giornalista e grazie davvero di cuore a tutti i nostri lettori, perché non ci avete mai abbandonato e ci seguite con affetto, nel bene e nel male.
Auguro a tutti di trovare un po’ di serenità in questo Natale, di ritrovare l’entusiasmo e la forza per andare avanti, per rialzarsi e combattere ancora se ce fosse bisogno.
Natale è un miracolo e mai come in questo momento ne sono convinta. E la memoria viaggia e va cercare i Natale passati, anche quelli studiati sui libri di storia e letteratura.
Ve lo ricordate il «miracolo» del Natale 1914? Due avversari che dimenticano l’odio per unirsi in un abbraccio fraterno?
Questo è il racconto del caporale Leon Harris del 13esimo battaglione del London Regiment in una lettera scritta ai genitori che stavano a Exeter “È stato il Natale più meraviglioso che io abbia mai passato. Eravamo in trincea la vigilia di Natale e verso le otto e mezzo di sera il fuoco era quasi cessato. Poi i tedeschi hanno cominciato a urlarci gli auguri di Buon Natale e a mettere sui parapetti delle trincee un sacco di alberi di Natale con centinaia di candele. Alcuni dei nostri si sono incontrati con loro a metà strada e gli ufficiali hanno concordato una tregua fino alla mezzanotte di Natale. Invece poi la tregua è andata avanti fino alla mezzanotte del 26, siamo tutti usciti dai ricoveri, ci siamo incontrati con i tedeschi nella terra di nessuno e ci siamo scambiati souvenir, bottoni, tabacco e sigarette. Parecchi di loro parlavano inglese. Grandi falò sono rimasti accesi tutta la notte e abbiamo cantato le carole. È stato un momento meraviglioso e il tempo era splendido, sia la vigilia che il giorno di Natale, freddo e con le notti brillanti per la luna e le stelle”.
Il riferimento al tempo non è di poco conto: “La vigilia — scrive Alan Cleaver nella prefazione al libro La tregua di Natale (Lindau edizioni) che raccoglie molte lettere dei soldati dell’epoca — segnò la fine di settimane di pioggia battente, e una gelata rigida e tagliente avvolse il paesaggio. Gli uomini al loro risveglio si trovarono immersi in un Bianco Natale”.
Ecco vi auguro un buon tempo e che non sia solo un momento, una tregua temporanea, ma un nuovo modo di vivere, osservando anche da altre prospettive, dall’altra parte della trincea.
Buon Natale 2020.