"Cosa posso insegnare online a un allievo? Poco, niente. In sala non si sta mai appiccicati, ma alla sbarra ciascuno rispetta le distanze, in sicurezza. Un développée si fa a un metro dal compagno. Se ci lasciassero riaprire, ci sapremmo autosostenere e autoregolare, come abbiamo sempre fatto". Così Loredana Furno, fondatrice della compagnia Balletto Teatro di Torino, nel corso di una commissione consiliare a Palazzo Civico che ha visto ospiti alcune delle principali scuole di danza attive in città.
Un incontro avvenuto 24 ore dopo la protesta nazionale del mondo dello sport in piazza del Popolo, a Roma, a fronte delle prolungate chiusure sancite dal nuovo Dpcm.
Al centro dell’incontro in Comune, le principali problematiche del comparto e le possibili strade da percorrere per sostenerlo. “Abbiamo bisogno non solo di aiuti economici, ma soprattutto di politiche attive. È importante favorire la frequenza della popolazione, nei nostri centri, attraverso voucher - ha detto Daniele Trastu, di Assodanza - e ricalcolare le imposte comunali, riducendo la Tari per tutte quelle associazioni che, su un anno, hanno potuto utilizzare i propri spazi poco più di un mese. Vorremmo anche dei bandi più accessibili per la fornitura di servizi, che non richiedano competenze fiscali troppo specifiche. E auspichiamo di essere riconosciuti prima o poi come figure professionali, rafforzando il concetto che l’attività fisica è sempre volta al benessere della comunità intera. C’è ancora troppa dispersione, nel nostro mondo, mancano ordine e regole validi per tutti”.
Di comune accordo, i presidenti delle commissioni consiliari alla cultura e allo sport Massimo Giovara e Marco Chessa convocheranno, nelle prossime settimane, una seconda riunione per stilare proposte concrete di intervento, che valgano come sollecitazione ai ministeri competenti.
“Il mondo delle associazioni - ha ribadito l’assessora alla cultura Francesca Leon, che, nell’ultimo anno, ha lavorato all’interno di un coordinamento con altre dodici città -, per la maggior parte, ha avuto accesso ai ristori con cifre ridicole, perché il criterio con cui sono stati assegnati è stata la diminuzione del fatturato. Sono enti che non hanno obbligo di partita iva, vivono delle quote di iscrizione o sociali, e lo Stato non ne ha riconosciuto il calo di introiti pari al 90%. Con l’attivazione del registro unico del terzo settore emergerà questo baratro, cui porre rimedio”.
E ha concluso: "Finché non ci saranno vaccini sufficienti, non si potrà riaprire. Franceschini aveva fissato la ripartenza al 27 marzo, ma era evidente già allora che non si sarebbe potuta realizzare. Queste chiusure, però, non possono essere vincolate ai colori delle regioni. Ai comuni bisogna dare un fondo cultura che permetta loro di intervenire direttamente verso tutte quelle realtà cui lo Stato non può arrivare perché non conosce il territorio. Ma ora al comitato tecnico-scientifico ora chiediamo questo: qual è la percentuale di vaccinazione consentita per la riapertura? Solo a quel punto si potrà realmente riprogrammare qualcosa”.