Attualità - 11 marzo 2021, 08:32

La Juventus fuori dalla Champions? Una medicina amara, ma utile per tutto il sistema calcio

Un campionato senza un dominatore renderebbe la contesa più incerta e più appetibile anche dal punto di vista del valore commerciale

Domenico Beccaria

Domenico Beccaria

Ogni volta che ci tocca prendere una medicina, magari amara e sgradita, ci viene in mente di andare a leggere quel foglietto che l'azienda farmaceutica acclude al farmaco è che ne riporta le caratteristiche, l'impiego e gli eventuali effetti collaterali indesiderati. Si chiama, chissà perché, bugiardino e sarebbe sempre bene leggerlo attentamente.

La stessa cosa vi chiedo di fare per il “bugiardino” che trovate nelle righe qui sotto, a corredo dell'articolo che segue.

Sebbene tutti sappiano che io sono un granata sfegatato e, come tale, incline allo sfottò nei confronti degli acerrimi rivali bianconeri, l'analisi che mi appresto a fare vuole essere quanto mai seria e priva di qualsiasi intenzione di deridere o peggio offendere la Juventus, i suoi tesserati ed i suoi tifosi. Anche perché, sia detto chiaramente, per quanto possa oggi essere nelle condizioni di sfottere i miei molti amici bianconeri, mi rendo perfettamente conto che a breve, ovvero fine campionato, potrebbero essere loro a restituirmi con gli interessi quanto ricevuto oggi. Le possibilità che il prossimo anno non si disputi il derby, e quindi loro siano costretti a sudarsi i sei punti facili che abitualmente gli regaliamo ogni stagione, sono quanto mai concrete.

Ma veniamo alla mia tesi, che cercherò poi di sostenere con argomenti robusti e convincenti: l'uscita della Juventus, per mano del Porto, agli ottavi di finale della Champions League, è certamente un bene per il calcio italiano e, probabilmente anche per la Juventus medesima.

La mia convinzione nasce dalla lettura, molto da profano, della relazione di bilancio presentata agli azionisti bianconeri, in cui si evidenziano consistenti perdite di esercizio, ma senza timori per la solidità della società (e ci mancherebbe, visto chi c'è al timone della corazzata bianconera) e per la capitalizzazione, che se necessario, potrebbe essere rimessa in sesto con qualche cessione di giocatori. Il tutto detto con parole molto semplici, ma rispettando il senso della relazione finanziaria. Tra le righe, c'era anche sottinteso che una consistente iniezione di denaro fresco, proveniente dalla agognata vittoria della “Coppa dalle grandi orecchie” portato in dote via UEFA, avrebbe risollevato le esangui casse sociali e consentito nuovi investimenti.

Credo che, al di là della logica e tanto attesa soddisfazione sportiva, la società bianconera bramasse a questa liquidità, come un naufrago che sta affogando ad una boccata d'aria. Denaro come ossigeno, a riempire le casse svuotate sia dall'ultimo anno di covid, con stadi vuoti e senza incassi da spettatori ed indotto, che dai premi UEFA cui, causa eliminazione precoce nelle ultime tre stagioni, si è dovuto rinunciare.

Insomma, un “metadone” economico, che avrebbe consentito di prolungare l'agonia ma non avrebbe risolto il problema di un calcio globale, sia ben chiaro, non solo bianconero, pesantemente dopato e condizionato da squadre come il Barcellona, che ha conseguito fior di risultati sportivi, ma al prezzo di un indebitamento certificato di un miliardo e duecento milioni. I blaugrana sono solo la punta dell’iceberg, ma sotto la linea di galleggiamento sono chissà quanti i club con passivi da brivido, che stanno in piedi solo grazie a logiche che con il calcio nudo e crudo c'entrano proprio poco.

Questa terza consecutiva mazzata finanziaria, quindi, dovrebbe indurre la dirigenza strisciata a praticare una via più virtuosa e ridurre il monte ingaggi, cedendo i giocatori coi contratti più onerosi, ovvero i più bravi.

Il primo effetto, sportivo, sarebbe che la Juventus probabilmente per qualche anno dovrà mettere da parte i sogni di gloria, riassestarsi finanziariamente e solo tra qualche stagione ripartire, con le idee più chiare e le casse più piene, alla conquista di quell’Europa che da tanto le si nega.

Il beneficio, per il calcio italiano, sta proprio qui. Una Juventus non sufficientemente attrezzata per competere in Champions, avrebbe ovviamente una dimensione più nazionale, non ammazzerebbe il campionato, come successo nelle ultime nove edizioni, rendendolo quindi meno dominato, più aperto ad un risultato finale favorevole anche ad altre squadre, più incerto, più avvincente e quindi più appetibile dagli spettatori, che seguendolo con maggiore interesse, soprattutto nei numeri, aumenterebbero il suo valore commerciale per gli sponsor, sempre attenti ai bacini di utenza ed alla loro dimensione, quanto più grande possibile.

Aggiungo, un po' arditamente, che anche la Juve avrebbe il suo beneficio.

Si potrebbe liberare a cuor leggero di pezzi storici di valore affettivo immenso, ma che sportivamente parlando stanno avviandosi sul loro viale del tramonto, dopo aver dato moltissimo, ma senza molto altro da dare. Onore a loro, ma largo ai giovani, che sono quelli su cui la società dovrebbe puntare per ricominciare un altro ciclo di alto livello, a breve. Il ventitreenne Chiesa, che ieri sera ha letteralmente preso per mano una squadra, orfana di un Ronaldo presente in campo nel corpo, ma con la testa chissà dove, è l'esempio più lampante di quale sia la strada da seguire. E, non me ne vogliano i miei molti amici bianconeri, qualche anno non da protagonista, avrebbe il duplice valore di generare il cosiddetto “effetto simpatia” (o almeno diminuire l’antipatia) nelle tifoserie avversarie ed al contempo far crescere quella sana “fame” sportiva che i fans bianconeri avevano saziato, al limite dell’indigestione, in questo decennio di dominio in patria.

La Juve, è fin troppo evidente, è ammalata e sofferente. Prendere oggi questa amara medicina, per quanto sgradita possa essere, significa star meglio domani ed anche far star meglio tutti quelli che le stanno intorno.

Domenico Beccaria

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