Economia e lavoro - 28 aprile 2021, 18:50

Riflettori accesi sul coprifuoco, l'appello degli artigiani torinesi: "Spostiamolo alle 23 e rendiamolo morbido"

De Santis: "Lo meritano le imprese del territorio che in questi 12 mesi hanno sofferto e investito per tutelare la salute di tutti. Ma privilegiare chi ha spazi all'aperto è discriminatorio”

Pizza margherita servita in un piatto

Il mondo dell'artigianato chiede di allungare il coprifuoco almeno fino alle 23

E' stato un argomento che ha portato fibrillazioni anche all'interno della (variegata, a ben vedere) compagine di governo: il coprifuoco fissato alle 22, in epoca di riaperture, non piace. Soprattutto agli addetti ai lavori, che si ritrovano tra la possibilità di poter finalmente riprendere l'attività (meteo permettendo) e l'obbligo di chiudere i battenti in tempi piuttosto brevi, almeno rispetto alla cena.

Confartigianato: "Spostare il coprifuoco alle 23"

A rappresentare la voce di un settore che - almeno in Piemonte - conta quasi 5000 imprese tra pizzerie, gelaterie, bar, ristoranti, rosticcerie e molto altro - è Confartigianto. “Chiediamo di posticipare alle 23 la chiusura e di consentire il rientro verso casa con un “coprifuoco morbido” - dice Dino De Santis, presidente di Confartigianato Torino -: lo meritano tutte le imprese che, in questi lunghissimi 12 mesi, hanno sofferto, perso fatturato e clienti ma che, quando hanno potuto, hanno lavorato in sicurezza, dopo aver investito per garantire ineccepibili condizioni di tutela della salute di tutti”.

I criteri e le condizioni imposte per le riaperture delle imprese legate all’alimentazione e ristorazione – prosegue De Santis - appaiono ingiustificati nei confronti di attività che hanno puntato sulla prevenzione e dimostrato di non incidere in alcun modo sull’andamento dei contagi. E appaiono ancora più incomprensibili se si considera che lo scorso anno le attività di ristorazione furono fatte riaprire il 16 maggio, senza vaccini e vaccinati”.

I numeri di un comparto in ginocchio

In Piemonte, secondo i dati dell’Ufficio Studi di Confartigianato, oltre a bar e ristoranti, il mondo dell’alimentazione è composto anche da realtà che forniscono gli esercenti anche di prodotti freschi, semilavorati e pronti. Quindi, la ventilata chiusura alle 22, avrebbe di certo un impatto anche su attività economiche come panifici, caseifici, salumifici, birrifici e produttori di bevande, aziende conserviere e della trasformazione dei prodotti orticoli ma anche aziende del trasporto merci, lavanderie e delle pulizie.

Soltanto la vendita diretta della pasticceria artigianale coinvolge in Piemonte 1.618 imprese di pasticceria e gelateria nelle quali lavorano 4.780 addetti, un settore caratterizzato da un’elevata vocazione artigianale, con circa 1.200 imprese artigiane, che si stima rappresentino il 76,4% del comparto. Inoltre si contano, in tutta la regione, oltre 3.700 rosticcerie e pizzerie artigiane.

Naturalmente ci appelliamo alla responsabilità dei cittadini e dei consumatori - sottolinea De Santis -: il DL Riaperture non deve essere interpretato come un “liberi tutti” ma auspichiamo che vangano sempre osservate tutte le misure di sicurezza per il contenimento della diffusione del virus”.

"Gli spazi all'aperto sono una discriminazione"

Un altro aspetto che non piace a Confartigianato, poi, è quello legato ai dehors. "Sono discriminatorie le regole che privilegiano le imprese che dispongono di spazi all’aperto. E, anche in questo caso, la somministrazione è soggetta a una serie di variabili non prevedibili, come il maltempo, che potrebbe vanificare il consumo sul posto e gli investimenti sostenuti per le riaperture - dicono dall'associazione di categoria - e le scelte intraprese finora dal Governo, seppur fatte per tutelare la salute di tutti e non ricadere nell’incubo delle chiusure, appaiono però insufficienti e penalizzanti".

Considerata la campagna vaccinale e l’avvicinarsi della stagione estiva, ci aspettavamo ben altre decisioni – conclude De Santis - queste infatti rischiano di condizionare negativamente l’inizio della stagione turistica. Non vorremmo che il tutto si ripercuotesse anche sul resto dell’estate. La sensazione è quella che, alcune decisioni, vengano prese quasi automaticamente senza comprendere la realtà delle nostre attività. E un eventuale rigido coprifuoco alle 22 a luglio e agosto significherebbe disincentivare completamente il turismo e tutto l’indotto che esso comporta”.

Massimiliano Sciullo

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