- 09 maggio 2021, 10:05

Gli elefanti della discordia

il governo dello Zimbabwe annuncia la concessione di visti turistico-venatori, tra dieci e settantamila dollari ciascuno, per l'abbattimento di 500 elefanti. Mi chiedo in quanti abbiano capito la portata di questo provvedimento

Domenico Beccaria

Domenico Beccaria

Ci risiamo: il governo dello Zimbabwe annuncia la concessione di visti turistico-venatori, di valore variabile tra dieci e settantamila dollari ciascuno, per l'abbattimento di 500 elefanti e, quasi di default, parte la protesta dei benpensanti occidentali.

Mi chiedo in quanti abbiano realmente capito la portata di questo provvedimento ed il suo impatto sull'economia e sulla natura del Paese africano. Probabilmente pochissimi, ma vediamo insieme il perché.

Facciamo un po' di premesse: la prima riguarda la popolazione stimata di elefanti africani, che è oggi di 130.000 esemplari; la seconda è che, supponendo un valore medio di quarantamila dollari,  che è il punto d'incontro tra dieci e settantamila, cinquecento permessi portano in cassa venti milioni di dollari, di sole tasse di abbattimento, senza considerare tutti gli altri soldi legati a viaggio, soggiorno ed extra vari, in un Paese in cui il PIL annuo pro capite è di 1463,99 dollari.

Questo significa che 500 elefanti pesano sull'economia dello Zimbabwe esattamente come 13.661 esseri umani.

A questo calcolo, molto sommario, andrebbe però aggiunto da un lato il danno alle colture che i pachidermi provocano ai villaggi attorno a cui vivono, che forniscono agli abitanti una buona parte del loro magro sostentamento e dall'altro il fatto che la carne dei capi abbattuti viene lasciata alle popolazioni locali, per antica consuetudine introdotta dai colonizzatori europei.

Per chiudere le considerazioni preliminari, va detto chiaramente che i “crudeli cacciatori bianchi”, quelli che poi si fanno il selfie con il trofeo ai loro piedi, che poi postano sui loro social e che costa loro valangate di insulti e minacce, manco avessero commesso un crimine, sono ben disposti a pagare, ma solamente per un esemplare con due belle zanne. E quali esemplari hanno due belle zanne? Quelli più anziani, che ormai hanno esaurito il loro ciclo biologico, non si riproducono più e sono vicini alla loro morte naturale.

Riassumendo, da una parte abbiamo un impatto economico altissimo a favore della disastrata economia del Paese sud africano, dall'altra c'è un impatto zero sulla natura e sulla sopravvivenza della specie. Anzi, a dirla proprio tutta, il Game Department (ministero della caccia) di Harare, può destinare una parte di quei soldi a pagare gli stipendi di Rangers guardaparchi che, contrastando efficacemente il bracconaggio dei locali e dei vicini zambiani, che con le loro scorribande in cui, senza andare troppo per il sottile, sparano a tutto quello che si muove, salvaguardano l'integrità e la continuità della specie, anzi, di tutta la fauna selvatica dello Zimbabwe.

Allora, se dopo aver messo sul piatto della bilancia tutte queste considerazioni, continuate a pensare che sia più importante consentire a cinquecento capi anziani (che rappresentano lo 0,38% della popolazione totale degli elefanti) di campare per altri due o tre anni, mettendo in difficoltà la sussistenza in vita degli altri 129.500, non venitemi a dire che amate la natura e la fauna selvatica.

Se dopo aver considerato i benefici economici che questi cinquecento prelievi selettivi di capi anziani e prossimi alla morte hanno sulla vita degli esseri umani che popolano le campagne dello Zimbabwe e fanno fatica a sfamare se stessi e la loro prole, non siano fondamentali, non venitemi a dire che avete a cuore le sorti di questi esseri umani.

Lavarsi la coscienza con una donazione al WWF ed una all’UNICEF, non è il modo di risolvere il problema anche se, nella loro crassa superficialità, sono in molti a pensarlo.

Mettersi le magliette di organizzazioni pro natura non vi fa diventare degli esploratori , così come indossare quelle delle associazioni di assistenza al terzo mondo non vi trasforma in missionari.

E soprattutto, prima di emettere giudizi sommari, cacciatevi in testa che la natura non è la rappresentazione antropizzata che vi propongono i cartoni animati, ma qualcosa di molto più complesso e sovente anche molto più crudele.

Domenico Beccaria

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