Oggi si celebra la Giornata Mondiale del Rifugiato, istituita dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, in occasione della celebrazione dei 70 anni dall’approvazione della Convenzione di Ginevra del 1951. L’Ordine Assistenti Sociali del Piemonte prende la parola per esprimere la propria preoccupazione circa l’aggravarsi dell’attuale crisi umanitaria, in un anno ulteriormente segnato dalla pandemia globale.
Antonio Attinà (Presidente Ordine Assistenti Sociali del Piemonte) afferma: «La protezione internazionale rischia di essere un diritto sempre meno esigibile. Nel 2020 infatti le Commissioni territoriali hanno respinto il 77% delle domande esaminate e i Tribunali hanno ammesso solo il 31% dei ricorsi giurisdizionali presentati, a differenza del 41% degli esiti positivi riconosciuti nel 2019 (dati da “Questione Giustizia”, M. Giovannetti). La precarizzazione del riconoscimento del permesso di soggiorno, in cui versano i richiedenti in attesa della definizione dello status giuridico, crea vulnerabilità e incertezze nel percorso di inclusione lavorativa e sociale».
Francesca Belmonte (Consigliera Segretario dell’Ordine regionale) precisa: «I Decreti Sicurezza hanno escluso i richiedenti protezione internazionale dalle cosiddette seconde accoglienze, cioè quei progetti di integrazione, offerti dai Comuni ed Enti Locali facenti parte della rete territoriale SAI, il Sistema Accoglienza Integrazione, che garantiscono un progetto di inclusione e di autodeterminazione. Questo non ha fatto altro che popolare perlopiù i centri di prima accoglienza, come gli Hub regionali e i CAS, i Centri di accoglienza straordinaria, caratterizzati da servizi minimi essenziali, generando nuove sacche di marginalità sociale e quindi contribuendo ad alzare i livelli di diffidenza. Ora, il DL n. 130, il Decreto Immigrazione e Sicurezza, ha ripristinato l’accesso nelle seconde accoglienze da parte dei richiedenti. Tuttavia, essendo il sistema basato sull’adesione volontaria da parte dei Comuni e degli Enti Locali che sono i soggetti deputati ad attivare le progettualità, si rischia di non sostenere adeguatamente le fragilità sociali e psicologiche portate dai richiedenti e dai titolari di protezione internazionale».
Per il sistema di accoglienza il 2019 e il 2020 sono stati due anni di forte contrazione. In Piemonte, i richiedenti e i titolari di protezione presenti sono 19.500, circa lo 0,4 % della popolazione della nostra Regione. A gennaio 2021 risultano 1.984 posti finanziati (6%) con 39 progetti di accoglienza, realizzati da 36 Comuni piemontesi.
L’attuale Gara europea accordo quadro per l’affidamento dei servizi di gestione dei centri di accoglienza del Ministero dell’Interno evidenzia una scarsa presenza di professionisti assistenti sociali prevedendo un monte ore di 6 a settimana nei centri di accoglienza sino a 50 persone, 20 ore settimanali sino a 300 persone e solo 42 ore a settimana sino a 900 persone.
Belmonte prosegue: «I Decreti Sicurezza hanno, inoltre, ribassato il costo medio giornaliero per ogni persona accolta. Per tale motivo molte cooperative sociali non hanno potuto rinnovare i progetti di accoglienza con la conseguenza che molti colleghi assistenti sociali hanno subito una drastica riduzione oraria, o licenziamenti improvvisi».
«Non possiamo - aggiunge Attinà - non ricordare in una giornata come questa, la complessa situazione vissuta dai colleghi all’interno dei centri durante il periodo di lockdown, la fatica a gestire l’isolamento delle persone dentro le strutture, la necessità di progettare attività che potessero occupare il tempo in un contesto storico che ha visto l’interruzione dei tirocini e dei progetti di formazione. Diminuire la presenza degli assistenti sociali nei centri di accoglienza vuol dire da un lato contrarre il numero di posti di lavoro e, dall’altro, offrire meno opportunità e diritti ai rifugiati».
Attinà conclude: «Quando si parla di rifugiati si tende ad usare i numeri, ma la nostra è una professione che, insieme ad altre, ogni giorno dietro a quei numeri conosce persone, volti, storie drammatiche ma che parlano di speranza, una speranza che è riposta nella capacità di accogliere della nostra società. Dobbiamo continuare a lavorare per costruire un mondo più inclusivo, capace di offrire diritti garantiti, lavoro e accesso ai servizi per tutti, nessuno escluso. Tutto ciò è il senso di questa giornata, che chiama alla riflessione e al disegno di un futuro che garantisca un nuovo modello di inclusione e un’accoglienza rispettosa dei diritti fondamentali. Una riflessione più che mai necessaria in questo nuovo periodo di crisi in cui versa non solo l’Italia e l’Europa, ma il mondo intero».