Un "laboratorio per Torino", che focalizzi "l’attenzione sul lavoro e sulle opportunità di sviluppo per tutti. Uno spazio in cui, a partire dalle difficoltà di questo territorio, ma anche dalle sue potenzialità, si progettano e sperimentano interventi innovativi per promuovere l’occupazione, coinvolgendo e facendo partecipare direttamente i lavoratori".
Non è un politico o un sindacalista, a parlare. Né un rappresentante delle istituzioni (o almeno, di quelle laiche). È la proposta che ha lanciato Cesare Nosiglia, arcivescovo di Torino, durante l'omelia pronunciata in occasione della Messa celebrata questa sera per il mondo del sociale, presso il Santo Volto.
Di certo, non una novità per l'alto prelato, che da tempo si schiera al fianco delle persone più in difficoltà, soprattutto quando si tratta del mondo del lavoro. Su tutti - in tempi recenti - gli operai della ex Embraco, cui ha sempre mostrato vicinanza. Spirituale, ma anche materiale. E che mette subito le cose in chiaro. "Qualcuno può dire: “Ma questo prete, che cosa viene a dirci? Vada in parrocchia!”. No, il mondo del lavoro è il mondo del popolo di Dio: siamo tutti Chiesa, tutti popolo di Dio". E ancora: "Non spetta alla Chiesa trovare soluzioni concrete per affrontare una realtà quanto mai difficile come è ad esempio quella del lavoro e tante altre che assillano un numero crescente di poveri, ma tocca sicuramente alla comunità cristiana e a me come suo Vescovo operare in due direzioni: l'ascolto, ma anche la rappresentanza e l'aggregazione".
"Chi toglie indebitamente il lavoro alle persone commette peccato"
E per collegare in maniera ancora più stretta il mondo spirituale con quello della vita di tutti i giorni, Nosiglia sottolinea come "oggi, soprattutto nel territorio torinese, fa soffrire molto il problema del lavoro perché spesso viene a mancare", ha detto, aggiungendo di essere "molto preoccupato dalle tante situazioni di crisi che affliggono il mondo del lavoro nel nostro territorio. E il dramma di tanti fratelli lavoratori è anche quello della Chiesa. Infatti Il lavoro, nella fede cristiana, assume una forma che non è semplicemente sussidio economico, ma co-partecipazione alla costruzione del Regno di Dio. (...). Sottrarre indebitamente il lavoro alle persone è peccato e rompe il disegno di Dio per l’uomo, impedendogli di essere compartecipe del suo Regno".
"La mancanza di lavoro, un tempo, avrebbe fatto scendere in piazza migliaia di persone"
Da qui si arriva alla necessità di rappresentanza e aggregazione. "Alla Chiesa e al Vescovo e a tutta la comunità cristiana, spetta, insieme alle forze sociali, dare voce a chi spesso rischia di rimanere senza voce. Oggi le diverse crisi che si vedono accendere nel nostro territorio rischiano di interpellare solo le persone e le organizzazioni coinvolte. La mancanza di lavoro, un tempo, avrebbe aggregato e fatto scendere in piazza migliaia di persone. Oggi appare solamente tra i fatti di cronaca senza suscitare un movimento collettivo in grado di dare rappresentanza ed essere ascoltato e proporre soluzioni".
"Da diversi anni - prosegue Nosiglia - mi ritrovo ad ascoltare le situazioni di aziende che stanno vivendo acuti momenti di crisi, creando disoccupazione e disagio sociale e depauperamento del territorio. Non possiamo accettare come comunità cristiana (e anche civile) in silenzio e con rassegnazione questa prospettiva. Non possiamo accettare che la cultura del profitto per il profitto incrini l’identità sociale di un territorio".
Embraco, ma non solo: "Basta a decisioni prese dall'alto"
E tra le tante storie di difficoltà conosciute in questi anni, Nosiglia individua un elemento comune, un filo rosso: "Le scelte e le decisioni prese in “alto” influiscono drammaticamente sulla vita delle persone, senza che queste possano reagire efficacemente a ciò che altri hanno deciso e senza poter partecipare. Non c’è cosa peggiore che decidere sopra le teste altrui, ma è ancora più doloroso vedere che le Istituzioni non danno segnali concreti di affrontare i gravi problemi di tante aziende e tra noi in primo luogo quella dell’ex Embraco che vengono lasciate nello smarrimento e nel senso d’impotenza. Avere l’idea o la sensazione di non poter far nulla è il sentimento peggiore che possa accompagnare la vita umana".
"L'economia riscopra l'etica, non scelga il profitto"
"Facciamo sistema - è l'invito dell'arcivescovo - affinché Torino possa ripartire dalle sue origini e tradizioni avendo lo sguardo rivolto verso il futuro. Torino deve tornare a correre e deve farlo insieme a tutti, senza produrre quella cultura dello scarto di cui Papa Francesco ci ha spesso parlato. Il lavoro e l’economia devono essere abitati da un’etica che metta insieme persone e sviluppo in maniera sapiente, affinché possiamo costruire autenticamente una società in cui le persone possano realizzare la propria vocazione attraverso il lavoro. Spesso invece il mondo del lavoro e l’economia vengono spinti a vivere altri riferimenti: il profitto come fine ultimo, la sfrenata competizione che rende l’altro uno strumento per poter far carriera, la tentazione di usare le risorse solo per consumarle in modo speculativo".