E poe...sia! - 30 gennaio 2022, 08:35

Guardare ma non toccare

Una storia vera universale

Splendida pirografia su legno di Simone Pacino (San Francesco al Campo - Torino)

Splendida pirografia su legno di Simone Pacino (San Francesco al Campo - Torino)

Quante volte, nel corso della vita, ci siamo sentiti dire: "Guarda ma non toccare", con tanto di sguardo serio annesso?

Una frase, un significato implicito: ammirare l'irraggiungibile senza possibilità alcuna di raggiungerlo.

Il quesito (o meglio, il dubbio) di oggi, cari amici e lettori, è questo: siamo davvero sicuri sia così? Voglio dire, possiamo affermare con certezza si tratti di possibilità e non di probabilità? Che dipenda da noi soltanto, corpi limitati con potenzialità e mancanze illimitate, piuttosto che dall'incrocio propizio e casuale di mille variabili - tra cui spazio, tempo ed istinto? Quell'incastro perfetto, quell'equilibrio irripetibile tra fortuna e capacità, quell'intraprendenza testarda che hanno permesso e accompagnato le grandi imprese "impossibili" della storia; definite tali fintanto non sono state compiute.

Recentemente, durante un piacevole viaggio in auto con un'amica, tra risate e canzoni cantate a squarciagola, chissà come - ma poco importa - ci siamo ritrovate a interrogarci sul perchè l'uomo continui a ricercare quel che non può avere. Anzi, correggo leggermente il tiro: quel che SA di non poter avere. Quanto meno non facilmente.

Cosa incita una persona a non arrendersi, a inseguire (talvolta letteralmente) le proprie chimere, il proprio Sacro Graal? Per quel che conta, avendo il privilegio di condividere la mia opinione, credo fermamente si tratti di un processo naturale. E' la nostra stessa genetica psicofisica a spingerci costantemente verso la strada in salita, verso quella vetta lontana da cui "wow, la vista dev'essere per forza mozzafiato", attraverso delusioni e cadute e graffi ma mai rimpianti.

Vero: esistono personalità passive, "sincronizzate" sullo status quo e apparentemente a proprio agio nel nulla fare. Tuttavia, metterei la mano sul fuoco sul fatto che CHIUNQUE, (chiunque!) abbia dentro di sè il germe dell'avventura, della ricerca, della volontà.

L'essere umano caccia per istinto: destini, promesse, sogni. E abbiamo così tanta paura di queste parole, così spesso, da aver cominciato ad accantonarle - tutti presi a raggiungere la "stabilità" - condannandole con i nostri stessi comportamenti a una lenta agonia. Rinunciare a una parte fondamentale della vita, quella della "cattura" e del rischio, ha prodotto società economicamente stabili quanto emotivamente instabili. Irrequiete, profondamente insoddisfatte.

Penso a un animale selvatico, che si accontenti di pizzicare qui e lì resti di carcasse, piuttosto che alzarsi, spostarsi dall'ombra e partire all'inseguimento della sua preda. La ragione? Meglio patire la fame che rischiare di fallire e restare del tutto digiuni. Meglio assecondare la paura che combatterla. Un'immagine triste, molto triste; eppure, grazie alla saggezza insita nella natura, assurda: l'istinto non può essere zittito, i bisogni reclamano dazio.

L'uomo, purtroppo, è diventato fin troppo abile a mettere il bavaglio a quella voce interiore in cerca di ossigeno e libertà, considerandola spesso inopportuna o addirittura estranea. E non sempre dipende dalla scarsa sicurezza nelle proprie abilità: è una questione di comodo.

Per fortuna, comunque, la maggior parte delle persone ancora sente il sano meccanismo del desiderio. Una parte essenziale della formazione, un bisogno, che ci aiuta a fissare obiettivi, a fare i conti con la realtà ma a non esserne schiacciati. Perchè nulla potrà mai impedirci di guardare oltre, volere, progettare e reinventarci. E nessuno potrà condannarci se falliremo tentando, in primis noi stessi.

Sognare non suggerisce affatto un'idea fittizia; è un dono con cui nasciamo e con il quale conviviamo sino alla morte. Non credete debba perciò avere un senso, uno scopo, un'utilità? La possibilità e la probabilità di desiderare, inseguire e catturare l'appagamento giocano alla pari solo se giochiamo con loro, senza esitazione (chiaramente si parla di desideri legittimi e costruttivi) e sono quanto di più simile all'evoluzione: permettono infatti un'esistenza in divenire, una propensione all'alto, al più, al meglio. Egoistico, edonistico? No! Semplicemente sinonimo di una mente affamata e vibrante. Connessa al suo istinto primordiale. Nessuna presunzione, nessuna superiorità, bensì l'espressione massima dell'essere e del sentire, legati indissolubilmente a fattori oggettivi quanto casuali.

La "lotteria dei desideri", insomma e due sole conclusioni contemplate: perdere (poco male, non esiste un numero massimo di tentativi così come possono cambiare spontaneamente le aspirazioni) o vincere. Ed è allora che la vita si manifesta, in tutto il suo potenziale.

Forse non afferreremo mai l'oggetto del nostro desiderio, va messo in conto, ma la logica suggerisce che se abbiamo due occhi per "guardare" e due mani per "toccare" abbiamo anche un cuore - per desiderare.

Momento poesia finalmente arrivato! Questa domenica, #poetrylovers, propongo un elegante componimento di Salvatore Sblando tratto dalla raccolta inedita Pagnotte - autore, redattore, divulgatore e Presidente Fondatore dell'impegnata Associazione Culturale Periferia Letteraria; un onore ospitarlo!

C'è qualcosa di magico
in ogni scatto d'istante
nelle braccia che si aprono
all'azzurro
nel costume che disvela
pensieri all'apparenza
nella sabbia dell'insonnia
confidente della notte

Ci guardiamo così
ombre ai piedi della luna
Siamo le due ampolle vuote
della clessidra

Questi versi, in particolare:
"nelle braccia che si aprono / all'azzurro"
Non so voi, ma io ci vedo un sacco di sogni dentro...
State inseguendo il vostro azzurro?

Pensateci su.
Alla prossima

Johanna Poetessa

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