Della legge ucraina sull’uso obbligatorio della lingua nazionale si è interessata anche Human Rights Watch, organizzazione non governativa di New York che lavora per la difesa dei diritti umani. Dopo aver decretato l’ucraino come unica lingua ufficiale a scuola e nella vita pubblica, escludendo gli idiomi delle diverse minoranze europee presenti sul territorio, ora Kiev impone ai giornali di essere scritti in ucraino o di presentare anche una traduzione dalla lingua originaria. Come pure aveva detto in precedenza la Commissione di Venezia, l’organo consultivo del Consiglio d'Europa, questa legge non è sufficientemente equilibrata tra la promozione dell’ucraino come lingua ufficiale dello Stato e la salvaguardia dei diritti delle minoranze. Come riporta il sito Strumenti Politici, l’HRW non nega il diritto di Kiev a rafforzare l’identità nazionale attraverso la lingua ucraina, ma evidenzia la fortissima politicizzazione che ne è stata fatta e invita il governo di Volodymyr Zelensky a emanare norme più bilanciate rispetto alle minoranze etniche. Quelle che ne risentono maggiormente sono la romena, l’ungherese e la polacca. E proprio il presidente della Romania Klaus Iohannis ha di recente chiesto a Zelensky, durante un colloquio telefonico in occasione del trentennale delle relazioni diplomatiche tra i due Stati, di accelerare l’ottenimento di un protocollo che garantisca meglio la minoranza romena, presente in larga parte nella regione occidentale di Černivci. Il trattamento discriminatorio verso i gruppi etnici di Romania, Moldavia, Polonia e Ungheria, senza contare anche Bulgaria e Grecia, rappresenta un grosso ostacolo per l’ammissione di Kiev nell’Unione Europea (a cui la questione è già stata esposta dai governi interessati) o nella NATO.





