Quale futuro per Tim? Se lo chiedono i circa 2000 lavoratori torinesi (su 3000 piemontesi e 40mila nazionali) e almeno altrettanti dell'indotto, nella nostra regione. Il problema in particolare riguarda le reti, in particolare, dopo le voci che si sono rincorse nelle settimane passate. Ma è tutto il futuro dell'azienda che discende da Telecom a dare preoccupazioni.
PRESIDIO IN PIAZZA CASTELLO
Lo hanno fatto manifestando in piazza Castello, davanti al palazzo della Regione. "Tra pochi giorni sarà presentato il Piano industriale e al momento il management non scopre le carte e il Governo non batte ciglio, senza dire cosa si farà del player più importante a livello italiano - dice Elena Ferro, segretaria generale SLC Torino e Piemonte - Il rischio occupazionale è grande, ma i timori riguardano soprattutto il rischio spezzatino, dividendo i settori oltre alla divisione e razionalizzazione delle sedi che è già in essere".
"Inoltre - aggiunge - rischiamo di non giocare un ruolo importante in una partita di agenda digitale ormai imminente. È un problema occupazionale, ma anche generale. Compresa la fase di ricerca, iniziata qui e che non sappiamo che fine farà: non un buon sintomo, per la salute di un'azienda".
"NON TORNIAMO AI CAPITANI CORAGGIOSI"
"Temiamo si stiano facendo dei giochi finanziari sulle infrastrutture in assenza di regole politiche - concorda Ivano Griffone, segretario generale di UIL comunicazione Piemonte e Valle d'Aosta - Se dividono le aree, con reti e servizi separate così come le aree di staff, siamo in totale assenza di informazioni. Un periodo storico che ricorda i tempi della privatizzazione di Telecom e dei Capitani coraggiosi".
Pesa anche l'età media, soprattutto dei call center. Ma in generale spaventa la prospettiva futura: "Non avere una pianificazione vuol dire rinunciare a un ruolo importante anche a livello europeo, in futuro", dice ancora Ferro.
"POLITICA, ASSORDANTE SILENZIO"
"La politica è in un silenzio assordante - conclude Anna De Bella, segretaria generale di Fistel CISL Piemonte - Abbiamo scritto anche al primo ministro Draghi, perché la digitalizzazione e i nostri servizi possono essere fondamentali anche nell'ottica degli investimenti del Pnrr. Dividere un'azienda in questo modo comporta quantomeno dei ritardi".