Attualità - 10 aprile 2022, 11:06

La profezia del beato Le Coq

Un viaggio tra la Valsusa e la Certosa di Pesio tra intrighi, battaglie e un libro misterioso

La profezia del beato Le Coq

 

In questa luce metallica di primavera acerba un vento leggero accarezza la pelle e increspa l'erba dei prati. Qualche tetto di lamiera scintilla al sole tra Boves e Peveragno acciambellati ai piedi della Bisalta, ma il vento mi porta a casa, mi porta in Valsusa con la mente.

Il sentiero che porta a Chiusa Pesio si snoda bianco tra i campi, diventa nastro d'asfalto dietro un gruppo di capannoni, oltrepassa un paio di cappellette sbiadite tra orti e case, e punta verso il cuore del paese, il "Recinto".

Decine di affreschi sui muri delle case antiche e austere, una Trinità del '400: il Trono di grazia, e poi Madonne del Rosario, Madonne in Maestà, mollemente assise su troni di nuvole. Il ritratto di un frate rivolge al Cielo uno sguardo estatico, mentre in un cartiglio leggiamo "Il Beato Antonio Le Coq de Aviliana".

Avigliana!? Avigliana luccicante di laghi e superba di chiese e palazzi, Avigliana sospesa tra un sognante Medioevo e il frullo leggero delle ruote della bicicletta...

Nel 1390, proprio accanto all'Oratorio del Gesù, in un'abitazione signorile, era venuto alla luce Antonio, rampollo di una nobile famiglia da cui discenderà, secoli dopo, anche il grande statista Camillo Benso di Cavour.

Cresciuto con una vocazione precoce e una determinazione fortissima a soli vent'anni chiese di entrare nell'ordine dei Certosini: il rigore nella meditazione e nello studio della teologia, il silenzio del "desertum", luogo fisico ma soprattutto mentale, affascinavano Antonio sopra ogni cosa.

In Valsusa la presenza certosina risale al 1189 con l'insediamento di Madonna della Losa, sopra Gravere, ma l'eccessiva vicinanza con Susa costrinse presto i monaci a fondare un nuovo romitorio a Montebenedetto, tra i castagneti di Villarfocchiardo. Proprio questa sarebbe dovuta essere la destinazione del giovane monaco, ma egli aspirava a un luogo ancora più aderente alle Consuetudines dettate da S. Bruno: la Grande Chartreuse di Grenoble!

Antonio LeCoq si distinse per l'ardore nella preghiera e per la saggezza, tanto da divenire in breve tempo consigliere spirituale di nobili e notabili, in un continuo avvicendarsi di carrozze e portantine. Questa situazione rischiava di turbare l'austero raccoglimento del monastero, e per salvaguardare la quiete dei monaci, il Prior Major decise di trasferire il giovane mistico in un luogo in cui la sua fama non fosse ancora giunta: quella terra un tempo chiamata Ardua, tra le cime imponenti delle Alpi Marittime, e che ora conosciamo come la Certosa di Pesio.

Leggende popolari raccontano di estasi durante la lettura dei testi sacri, e che Antonio si recasse a meditare su un masso nelle vicinanze, restando per ore sospeso in levitazione; la Storia ci dice che divenne consigliere spirituale di Jolanda di Francia, figlia di Carlo VII, e che ella riuscì a far accogliere alla Certosa il proprio fratello Luigi, fuggiasco durante le lotte per la successione alla Corona. Pochi anni dopo, Luigi divenne re col nome di Luigi XI, unificando finalmente la Francia.

Secondo S. Bruno, i Certosini avevano il compito di "predicare nel silenzio" cioè scrivendo, perché questa predicazione muta sarebbe risuonata molto più forte della parola... Sicuramente non era una predicazione alla portata di chiunque, dato il basso tasso di alfabetizzazione della società dell'epoca, ma il nostro monaco scrisse molto: testi di teologia, vite di Santi, e perfino un libro di profezie per il giovane Luigi, forse per indurlo a governare con saggezza ed evitare decisioni avventate . Forse Luigi e Jolanda sapevano del libro, ma non lo lessero mai . Nel 1494 Carlo VIII, figlio di Luigi, partì alla conquista del Regno di Napoli, ma nel suo passaggio attraverso il Piemonte volle andare alla ricerca delle Profezie. Mandò uno scudiero alla Certosa e, benchè LeCoq fosse morto da più di trent'anni, nella sua vecchia cella il libro venne ritrovato. Mancando il tempo per ricopiarlo, venne inviata al re la stesura originale.

L'anno successivo, Carlo VIII sfidò la Lega Italica nella Battaglia di Fornovo: lo scontro, breve ma sanguinosissimo, finì con un esito incerto, ma lì si persero le tracce del volume delle Profezie.

C'è chi dice che Carlo, atterrito da quanto il futuro avrebbe riservato alla sua stirpe, lo abbia distrutto, secondo altri gli fu trafugato da spie nemiche, ma ancora ora qualcuno giura che il tomo esista ancora, ma sia stato nascosto al riparo da occhi indiscreti...

Sul luogo della sepoltura del frate in odore di santità crescevano, a detta di molti, erbe miracolose in grado di curare tutti i mali, e da ogni parte giungevano pellegrini per raccoglierle e ottenere la guarigione del corpo o dello spirito. Turbato da tanta folla, il Priore gli ordinò di non compiere più miracoli dalla tomba, e in seguito le sue spoglie vennero traslate in un luogo non riconoscibile, sotto la grande croce comune.

La sua canonizzazione non venne mai ufficializzata da parte del suo Ordine monastico, come atto di umiltà, ma dai palazzi medievali di Avigliana fino alla valle del Pesio, il vento porta la storia del Beato Antonio LeCoq, e della sua profezia.

 

Grazia Dosio

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