I corsivi di Virginia - 16 maggio 2022, 09:15

La bellezza dell’imperfezione

Non esiste un concetto assoluto di bellezza. Non c'è nulla che possa essere considerato bello da tutti i popoli del mondo

La bellezza dell’imperfezione

Ogni cultura si esprime esteticamente in modi diversi, ogni oggetto ammirato come bello da qualcuno è considerato brutto da qualcun altro, in qualche altro luogo. Eppure l’idea tanto vagheggiata secondo cui esiste una bellezza intrinseca universale resiste ancora tenacemente e contro ogni evidenza. Bello è l’imperativo che la società di oggi impone a noi tutti. In questa società frenetica, anticipante, incalzante basata essenzialmente sull’immagine di sé che si proietta sugli altri, l’età, la forma fisica, il bell’aspetto acquisiscono pesi e significati tali da influenzare negativamente o positivamente il rapporto con gli altri.

Esiste però da qualche tempo finalmente l’idea di una bellezza ancora più autentica e unica, che è quella del particolare di unicità che rende ciascun individuo irripetibile, non solo fisicamente, ma anche come modo di ragionare, comunicare e relazionarsi.

La bellezza, quella esteriore, nasce dall’accettazione consapevole profonda del sé.

E’ la bellezza dell’imperfezione che mira alla valorizzazione delle caratteristiche di ogni viso e corpo per fare convivere e armonizzare le qualità con la massima espressione della naturalezza.

La Dott.ssa Cristina Sartorio, medico-chirurgo estetico olisticamente innovativo, NLP Master Pratictioner, con studio a Torino e Santa Margherita Ligure, ha pubblicato recentemente un libro molto attraente contenuto nel Best Seller di Amazon dal titolo:

“La bellezza dell’imperfezione” e dal sottotitolo: “Per evolvere straordinariamente in quattro tappe”, che mi ha profondamente coinvolto e fatto riflettere sull’unicità di ciascuno di noi anche nella propria esteriorità fisica.

La Dott.ssa Sartorio traccia la sua linea di pensiero di medico estetico e di correzione naturale dell’imperfezione in una visione totalitaria della cura della pelle e della persona nel suo sé in 4D, cioè dove la quarta dimensione sta nell’emozione, analisi fondamentale per poter prendere in carico i pazienti.


Dott.ssa Sartorio. C’è una bellezza che fa la differenza nella naturalezza?

“Certo, ed è impalpabile. Tale dev’essere e restare, anche se coadiuvata dalla mano del medico: impercettibile, e sempre un passo indietro pur nell’impiego corretto di metodiche e tecnologie. Essa ha per obiettivo la corretta armonia dei punti di forza sul volto di ogni paziente. Senza trasformazioni né stravolgimenti, ma accentuando il tratto di unicità dell’identità di ciascuno”.


Possiamo dire che il medico estetico è come un artista che dà vita opere d’arte in un solo esemplare?

“Per restare in metafora, considero ogni volto come un manufatto singolo in cui, pur intuendosi nella delicatezza la firma, lo stile dell’autore, in realtà l’opera parla già da sé in piena autonomia. Ed è questo il vero risultato. Spesso al professionista atto a cimentarsi con una pluralità di strumenti è richiesto a priori uno spiccato senso estetico, frutto di un mix di misura e gusto nel rispetto dei rapporti proporzionali di ciascun viso. Che, inevitabilmente, variano per ciascuno”.


L’equilibrio come valore fondante e fondamentale insieme del “Metodo Sartorio”. E’ così?


“Mi affido al ricorso a numerose tecnologie anche e soprattutto nella fase diagnostica, con investimenti mirati atti ad assicurare ai miei Studi di Torino e Santa Margherita Ligure – così localizzati per dare continuità ai pazienti tutto l’anno - il meglio dei ritrovati con cui verificare preliminarmente, insieme al paziente e in pieno accordo con lui, ogni potenziale strada per dare la giusta luce alla sua propria, specifica bellezza. Macchine fotografiche tridimensionali e macchinari ultramoderni costantemente aggiornati sono di casa, a casa Sartorio, per l’individuazione del miglior percorso terapeutico estetico tailor made per chiunque”.


Quanto ritiene, oggi, che vi sia un’idonea sensibilità al tema determinate della diagnosi nel competitivo mercato della medicina estetica?

“Mai tratterei un paziente senza prima averne esaminato approfonditamente sia l’immagine diagnostica che quella fotografica. La mia medicina è davvero in 4D, ove le prime tre riguardano quanto ho appena esposto, mentre la quarta è la dimensione emotiva ed emozionale insieme. Quella che fa naturalmente la differenza, anche nella bellezza. Sintonizzarsi empaticamente sulla frequenza emotiva propria delle persone, sullo stato d’animo alla base delle loro richieste è il primo passo per comprenderne aspettative, potenzialità e soddisfazione. E farne così pazienti contenti, anche più sicuri di sé”.


Anche la riservatezza fa il paio con la Bellezza.

“Nei miei Studi esiste una sala d’attesa di volta in volta dedicata singolarmente a ciascuno. Ogni paziente ha diritto a frequentare in libertà un contesto. Se poi con gli amici uno vuole condividere il fatto di essere andato dalla Dottoressa Sartorio, è una scelta personale, così come anche l’aver deciso autonomamente di darmi fiducia”.


Che cos’ha ricavato dal Suo primo libro, “La Bellezza dell’Imperfezione”?

“Un grandissimo equilibrio per me stessa, una meditazione terapeutica e profonda già anche solo nello scrivere. Sono riuscita a trasmettere una parte importante di me. La migliore, quella che più mi avvicina a persone e pazienti senza distinzione. Con il desiderio sempre vivo di stimolare a una sana coscienza della speranza quanti affrontano cammini difficili, come personalmente sto facendo anch’io a livello oncologico. Restare allenati al positivo è complesso, ma mantenere alta la motivazione lasciandosi stuzzicare ogni giorno dalla curiosità è la strada maestra per la Luce.

In ultimo ho scelto di destinare l’intero ricavato delle vendite del mio libro alla “Mensa dei Poveri”, in Via Belfiore 12 a Torino, fondata da Don Adriano Gennari. Ringrazio inoltre il giornalista radiotelevisivo e saggista cattolico Maurizio Scandurra per il percorso fatto insieme, durante la scrittura di questo libro, d’indagine introspettiva che ci ha portato a concludere come l’amore per se stessi sia anch’esso un fatto epidermico.”


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Virginia Sanchesi

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