Economia e lavoro - 13 luglio 2022, 08:47

Video «Con molta incoscienza, ho scritto il romanzo che non trovavo in libreria». Marco Pinti ora si veste da scrittore

Si intitola “Il periodo ipotetico” l’opera letteraria d’esordio di un autentico varesino, schietto e appassionato: «Cercavo un romanzo contemporaneo, una storia che fosse forte e politicamente scorretta con personaggi veri e contradditori. Come nella vita»

Marco Pinti in Piazza Monte Grappa

Marco Pinti in Piazza Monte Grappa

Sette personaggi. Uno in più di Pirandello, e con un autore ben noto.

L’autore ben noto che ha scritto dei sette personaggi in questione è il varesino Marco Pinti, che per una volta si spoglia delle vesti di politico e indossa i panni dello scrittore. Appassionato lettore prima di tutto, il suo romanzo d’esordio “Il periodo ipotetico” è nato dalla volontà di creare quello che in libreria non ha mai trovato.

«La passione per la scrittura nasce da lettore. A furia di leggere, continui a cercare qualcosa, che di solito trovi, ma può succedere che se cerchi una cosa molto specifica non trovi. Con molta incoscienza, questo romanzo è nato così. Volevo leggere il libro che ho scritto».

Lo scenario di partenza è quello di una rivolta che nasce nelle periferie francesi. Scenario in cui vengono inserite le vicissitudini raccontate nel romanzo, e da cui vengono afferrate le storie di sette vite, sette come «le note musicali di un’armonia che ho cercato di costruire».

Vite come quelle di Chiara e Valentina, coinvolte nei tumulti durante una vacanza in Corsica; quelle di Giacomo e Francesca, fratello e sorella, cresciuti con i valori della loro Emilia rossa; o anche come quella di Ettore Brasca, onorevole del Nodo, partito di centro-destra, e politico a cui l’autore ha comunque voluto restituire la dignità e la connotazione della persona “normale”.

«Volevo creare uno scenario che fosse catastrofico ma anche politicamente scorretto. Volevo mettere sul piatto una contraddizione. Ho cercato di dare quello che a me piace da lettore. Ho cercato di considerare il lettore una persona più intelligente di chi l’ha scritto».

Un libro impegnato, ma non per questo poco scorrevole. Una scrittura leggera che rende la lettura perfetta anche da godersi sotto l’ombrellone. «Si ride anche, ho riso tutte le volte che l’ho riscritto e riletto, perché la protagonista è la vita, e le vite sono paradossali e surreali» assicura Pinti.

Un libro scritto da un politico in cui non c’è nemmeno un briciolo di politica? Pinti ci ha provato: «Ho cercato di fuggire, ma la politica inevitabilmente è una di quelle cose che ti insegue dappertutto. Racconto cos’è un’organizzazione politica: sono i sentimenti che uniscono le persone; ma racconto anche la percezione di un potere che pretende di essere “teologico”: mi spaventa quando c’è chi impone leggi in base a criteri oggettivi in un mondo in cui di oggettivo non c’è nulla».

Tutta la narrazione è tenuta insieme da quel “periodo ipotetico” che dà il titolo al romanzo, e che l’autore spiega così: «È un modo per tenere insieme tutta questa storia e smentire una frase fatta, ovvero che “la storia non si fa con i se”. Invece penso che sia la grande storia sia la nostra storia è tutta fatta di “se”, facciamo finta che non sia vero perché vogliamo illuderci che comandiamo noi».

Una traccia piuttosto velata anche della sua Varese è nascosta nello scritto. Lo racconta parafrasando un altro scrittore: Andrea G. Picketts. «La cosa più difficile è raccontare ciò che ti è vicino, però non si poteva non mettere. C’è una cosa che tutti possono sperimentare: nel romanzo si cita uno scrittore di Varese che ha scritto un libro che ancora non è uscito e che si chiama “Il mare a Varese”. Se andate su Viale Europa, rallentate e guardate l’orizzonte dove cielo e colline hanno quel vestibolo rarefatto, con un po’ di immaginazione, c’è un mare stupendo che possono vedere tutti».

Una bella dose di creatività, inventiva e ironia, mischiata con tanta passione e buona volontà. È questa, quindi, la ricetta che ha permesso alla mente di Marco Pinti di partorire “Il periodo ipotetico”. 

«Alla fine, fai in modo che l’immaginazione sia una cosa seria. Fidarsi della propria immaginazione poi ti porta dei tesori che sei tu per primo a scoprire e che poi condividi con gli altri. Ci vuole quello che Tolstoj chiamava “il coraggio della stupidità”; poi a lui è uscito “Guerra e Pace”, a me “Il periodo ipotetico”».

Lorenzo D'Angelo

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