Eventi - 22 luglio 2022, 12:39

A Pragelato domani ci si sposa come 120 anni fa

Protagonisti della rievocazione i fidanzati Silvia Blanc e Cristian Stefirca

Un matrimonio di inizio Novecento a Pragelato

Un matrimonio di inizio Novecento a Pragelato

Abiti della tradizione, il suono della fisarmonica e un banchetto nuziale con prodotti tipici, riporteranno Pragelato indietro di 120 anni, con la rievocazione di un matrimonio di inizio Novecento, promossa dal Museo del Costume e delle Tradizioni delle Genti Alpine.

Teatro dell’evento sarà borgata Rivets, domani, sabato 23, alle 10,30, i protagonisti saranno Silvia Blanc e Cristian Stefirca, 26 anni, fidanzati da 9.

“La celebrazione sarà accompagnata dal suono della fisarmonica, con le musiche locali, poi gli sposi sfileranno in corteo per le vie della borgata – spiega Elena Ghezzi, presidente della Fondazione G. Guiot Bourg, che gestisce il Museo –. Infine verrà allestito un vero e proprio banchetto nuziale dell’epoca, quindi fatto di prodotti e piatti tipici del luogo, e ci saranno assaggi per tutti”.

La coppia

Attualmente Silvia e Cristian convivono a Pinerolo, per comodità legate alla vita lavorativa, ma sono entrambi cresciuti a Pragelato.

La famiglia di Silvia lo è da diverse generazioni, mentre Cristian è di origine rumena, ed è arrivato in paese a 8 anni.

“Mia mamma fa parte della fondazione che gestisce il Museo del Costume e delle Tradizioni, e fin da piccola ho sempre vestito il costume tradizionale – racconta Silvia –. Per qualche anno ho anche fatto parte della Pro loco, ed assieme al mio fidanzato e ad un gruppo di amici, residenti ma anche villeggianti, portiamo avanti con orgoglio ma soprattutto molto affetto, ricordando i nostri nonni, le tradizioni tipiche di Pragelato. Poi purtroppo gli impegni lavorativi e la frenesia della società moderna rendono tutto più difficile, ma questa rievocazione del matrimonio storico è l’occasione giusta per tornare ad indossare il costume tradizionale”.

Corteggiamento

L’antica tradizione delle ‘storie d’amore’ di Pragelato, è fatta di riti e usanze che partono fin dal corteggiamento: in Alta Val Chisone gli usi nuziali erano molto più elaborati che in bassa valle.

Quando un giovane provava interessa per una ragazza, lui ed i suoi amici – solitamente di nascosto dai genitori – si riunivano nella stalla della ragazza per un certo numero di sere, durante le quali studiavano il suo comportamento, per capire se potesse essere una buona lavoratrice, una buona madre ed una buona sposa.

La ragazza, se interessata ad uno dei giovani presenti, si dava da fare per dimostrare le sue doti: lavorava sodo d’ago e di ferri, impegnandosi però anche a dimostrare di saper essere di buona compagnia.

Durante queste veglie, i giovani organizzavano dei cenoni, e ciascuno portava qualcosa: non doveva mai mancare il vino, per permettere a tutti di restare allegri.

C’era chi portava la lepre, ma spesso le ragazze a fine cena venivano a sapere di aver mangiato un gatto dei vicini: talvolta si trattava di uno scherzo, ma altre volte era vero.

Generalmente, oltre a queste veglie, che erano una gioiosa occasione di festa, prima di decidere di sposarsi i giovani chiedevano consiglio al padrino, che aveva il compito di informarsi in merito alle condizioni economiche della famiglia della possibile sposa, ed alla sua moralità.

Se le informazioni prese erano favorevoli e quindi si decideva per la proposta di matrimonio, il giovane, accompagnato dal papà e dal padrino, doveva recarsi a casa della ragazza e farle la dichiarazione ed a questo punto era importante controllare la risposta che la prescelta dava attizzando il fuoco: se con le molle drizzava in un angolo un tizzone di legna ardente, significava un ‘no’. Ma qualche volta il giovane non desisteva, e quindi la ragazza gli poneva in tasca una pagnotta, che significava troncare ogni speranza.

A quel punto gli amici del giovane posavano in terra un filo di crusca che andasse ad unire la casa della ragazza con quella del mancato spasimante.

Non bastava però che la ragazza fosse favorevole: prima di ricevere il benestare della famiglia, doveva intercorrere un po’ di tempo, durante il quale i genitori della ragazza si informavano in paese che fosse nota la relazione che i due avevano intrecciato, e si recavano anche in visita a casa del giovane per accertarsi delle sue condizioni economiche.

Le promesse

Se tutto andava per il verso giusto, veniva poi fissato il giorno delle promesse – che era anche il giorno delle pubblicazioni – alle quali assistevano i parenti stretti: le zie portavano grissini, uova, burro e pane, ed offrivano ciascuna una camicia, mentre il padrino dello sposo portava in dono una pecora, e la madrina una cuffia bianca ed un’altra camicia.

Davanti alla porta di casa della ragazza, venivano posti i tradizionali arnesi da lavoro dell’Alta Val Chisone, e il giovane donava l’anello alla sua promessa sposa, la quale contraccambiava con una cravatta, che annodava personalmente al collo dell’innamorato.

La rievocazione

Domani, la casa di Silvia sarà la sede del Museo in via San Giovanni 1: “Cristian arriverà partendo dalla stradina dietro al museo, quindi passando per il paese, e come da tradizione suonerà la campana ed entrerà in casa a prendere la sposa”.

Anticamente lo sposo, accompagnato dai parenti e dai garçons d’honneur, davanti all’abitazione trovava un ceppo di legno da spaccare.

Solitamente ad aprire la porta era il padre della sposa, che prometteva di andare a chiamarla. Lei era nascosta in qualche angolo della casa. La lunga attesa per vederla e l’attività di spaccare il ceppo erano un modo di mettere alla prova la sua forza e la sua pazienza.

Una volta superate queste prove, i genitori della sposa offrivano una buona colazione, e tutti assieme uscivano di casa, dove cominciavano ‘i complimenti’ recitati da parenti e amici, sovente in rima.

“Anche noi usciremo assieme e amici e parenti ci leggeranno ‘i complimenti’ – anticipa Silvia –. Mia mamma conserva ancora la pergamena con quelli letti al loro matrimonio”.

Gli sposi poi si sottoporranno poi ai giochi tradizionali, spesso in voga ancora oggi: lui rompe il ceppo, e lei fila una tela.

Dopo partirà il corteo fino al vicino forno di piazza Pragelatesi nel Mondo e la coppia dovrà superare la tradizionale ‘barriera’: due alberi ai bordi della strada uniti da un nastro di seta (o un tronco messo di traverso). Al termine della cerimonia il nastro di seta, uguale a quelli che servono a fissare il grembiule del costume, viene tagliato e consegnato alla sposa.

“Si trattava di una grande festa, ma erano comunque matrimoni molto poveri. Talvolta al mattino ci si sposava, ed al pomeriggio già si andava nei campi a raccogliere patate” sottolinea Ghezzi.

L’abito della sposa, non ha nulla a che vedere con l’abito bianco cui siamo abituati, ma si trattava del costume tradizionale sfoggiato in occasione delle feste. Il bouquet “non veniva lanciato, ma conservato per ricordo” spiega Ghezzi, ed era solitamente composto da fiori semplici, di montagna. Domani Silvia avrà un bouquet di piumini di montagna, lavanda e stelle alpine. E al pranzo, riceverà il mestolo dalla suocera: simbolo del comando della casa.

La rievocazione sarà preceduta da una visita guidata al forno del paese, oggi, alle 17. Mentre da oggi a domenica, dalle 15 alle 18, il Museo sarà aperto al pubblico e allestito appositamente per l’evento.

Tatiana Micaela Truffa

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