“Se rifarei tutto daccapo? Certo! Potessi ricomincerei subito a fare teatro”. Non ha dubbi Wilma Zavattaro, in arte Wilma Zavart, quando ripensa alla sua carriera da soubrette negli anni dell’avanspettacolo torinese.
Ballerina, cantante, attrice, essere soubrette all’epoca voleva dire essere molte cose. “Avevamo più spettacoli tutti i giorni, anche la domenica. Era stancante, ma è stato anche un periodo bellissimo”.
Nel corso della sua carriera ha lavorato con tanti nomi di spicco del teatro, come Macario o Carlo Dapporto, ha girato l’Italia, da Milano a Napoli. Oggi ha 85 anni, vive in un’abitazione vicino a Porta Palazzo dove da poco ha aperto una mostra dedicata proprio al suo lavoro nel mondo dello spettacolo.
Si emoziona quando ricorda quel periodo. “Non mi sembra vero di essere io quella nelle foto, di aver fatto così tante cose”.
Mamma sarta e papà meccanico, Wilma è sempre stata una ragazza e poi una donna con la testa sulle spalle e i piedi piantati per terra, anche se non sono mai mancati i sogni. Inizia a muovere i primi passi sei anni, come ballerina al Gobetti sotto la guida di Grazioso Cecchetti. Debutta un anno dopo all’Auditorio con l’Aida di Moretti. “Dopo la chiusura del Gobetti, presi lezioni da Gustav Gerand, con lui portammo in scena Bimbi alla Ribalta al teatro Alfieri che ebbe un successo incredibile all’epoca”. Pochi anni dopo mentre sta studiando alle scuole commerciali, incontra il comico piemontese Mario Ferrero che le propone di lavorare nell’avanspettacolo che all’epoca organizzava al cinema teatro Romano. “Mia sorella era già soubrette lì, a volte quando mancava una ballerina, la sostituivo perché all’epoca dimostravo più della mia età. Da lì sono passata poi a fare la rivista con Piero Mazzarella”.
Ma proprio qui avviene la prima svolta nella vita dell’artista. Dopo un litigio con la sorella, scappa a Milano da un suo amico e collega e diventa una ballerina della stagione stabile al teatro Smeraldo. “Tutte le mattine avevamo le prove, il pomeriggio e la sera c’era lo spettacolo, che veniva cambiato tutte le settimane. È stato un periodo difficile, ma molto bello”.
Dopo due si trasferisce a Napoli, siamo a metà degli anni Cinquanta e Wilma ha 18 anni. “Mi chiamavano la Torinese o la Piemontese, ma non mi hanno mai fatto sentire un’estranea, mi trovavo benissimo”. A Napoli mette in scena lo spettacolo comico del Trottolino, che poi porterà in giro per il Sud d'Italia e anche a Torino, al rientro dopo una grave malattia. “I ritmi troppo intensi mi fecero ammalare, pensavo di non poter tornare sulla scena, ma grazie a un medico meraviglioso che mi curò, me la sono cavata”.
Di lì a poco il rientro sulle scene di nuovo con Ferrero che intanto si era trasferito al Maffei. “Al debutto c’era anche Macario. Conoscevo già Casaleggio, il padre era un comico che si esibiva al parco Michelotti, dopo poco mi hanno chiamata”.
Inizia così un anno di collaborazione con il comico torinese con cui si esibì al Carignano nel teatro di prosa. “Mi cambiò il nome in Wanda Di Landa, in omaggio a una vecchia soubrette, cosa che non mi piacque affatto. Insieme lavorammo alla rivista “Undici su un ramo”, dedicata ai giocatori del Toro, alle farse e, infine, abbiamo lavorato a Le Finestre sul Po che ebbero un grande successo”.
La carriera di Wilma procede con Carlo Dapporto con cui fa la prima attrice e appare per la prima volta in tv con alcuni caroselli girati a Roma, ma la sua passione resta il teatro di rivista. “Lì si capisce se sei veramente bravo, le maggiori soddisfazioni le ho prese dall’avanspettacolo”.
“Smisi a 28 anni. Perché? Era cambiato tutto. Se volevi fare una rivista dovevi spogliarti e io non ero dell’idea. Avevo studiato danza, recitazione, canto. Ero innamorata del teatro, ma non mi piaceva quello che era diventato, la stessa cosa succedeva in televisione. Lì avevo ancora lavorato per un po’ con un programma che presentava i cantanti. La mia carriera terminò in fretta, quando chiesi chi scriveva delle frasi così stupide da dire in tv, l’autore era lì in sala, era il produttore del programma. Inutile dire che il mio contratto terminò subito”.
Non avrebbe comunque continuato. “Volevo farcela da sola, volevo essere brava perché lo ero, non perché scendevo a compromessi. Tornai a Torino e feci i lavori più diversi”.
Aprì uno dei primi locali a Torino in cui si mangiava pesce, Al Pescatore, tra via Po e via Mazzini, poi una pizzeria in Via Genova. Non si è mai fermata Wilma e non si è mai spostata.
“Mi spaventava un po’. Non che non abbia mai avuto proposte. C’era questo signore siciliano che mi portava casse di arance e mi pagava l’affitto, non lo sopportavo, volevo essere indipendente ed essere una professionista seria. La mia carriera era più importante. Ebbi poi alcune relazioni importanti, l’ultima durò ben vent’anni, purtroppo però lui morì di tumore”.
Una vita densa, ma anche difficile quella di Wilma che comunque non si è mai arresa. “Ho ricevuto tante batoste, ma sono sempre andata avanti”.
Una storia la sua che potrebbe diventare anche uno spettacolo di teatro. “Ormai quel mondo, delle riviste e delle soubrette, non c’è più, ma è incredibile averne fatto parte”.