Sulle pagine di Torino Oggi qualche mese fa, era uscito un articolo che parlava del nuovo spot del Coalvi e all’interno era presente una citazione del presidente Guido Groppo che affermava:
"Il Consiglio direttivo di Coalvi sentiva il bisogno di far conoscere le caratteristiche peculiari della carne di Fassone, unica nel suo genere e come dice lo stesso spot: non solo buona. Difficilissimo farlo in soli 30 secondi, ma crediamo che la nostra agenzia sia riuscita a fare un piccolo miracolo”.
Così abbiamo voluto intervistare il direttore creativo che ha realizzato lo spot: Pietro Saitta.
Buongiorno Pietro, è lusingato dalle parole del presidente Gruppo?
Direi proprio di sì, indipendentemente dal fatto che l’impegno mio e dei miei colleghi è sempre al 100%, mi creda che avere simili riconoscimenti non è all’ordine del giorno, quindi ringrazio Guido Groppo e tutto il Coalvi con cui collaboriamo da parecchi lustri (non dico quanti per non invecchiarmi troppo).
Quindi la vostra collaborazione dura da parecchi anni, qual è il segreto?
Io sono un pubblicitario operativo da quando Zuckerberg era appena nato, quindi le uniche occasioni “social” erano le fiere e gli eventi. Però grazie al mio socio di allora imparai che solo una partnership duratura con i clienti può aggiungere veramente valore alla comunicazione. Per questo abbiamo sempre cercato di crescere insieme a loro e non ci siamo mai prestati a operazioni “mordi e fuggi” anche a costo di rinunciare a fatturati.
Pensi un po’ abbiamo sempre avuto un atteggiamento “etico”, quando di etica non si parlava proprio.
Oltre all’agenzia Revupadv di cui è Direttore Creativo abbiamo trovato un sito personale https://pietrosaitta.it/ in cui si propone da consulente, come mai questa posizione da “solista”?
Mi piace il suo paragone con la musica (tra i nostri collaboratori c’è pure un produttore musicale) e in effetti è abbastanza calzante. Come in un gruppo può esserci un componente che decide di provare anche qualche incisione da solista, io, e i miei colleghi di GRUPPO/input, l’agenzia diffusa che ho fondato insieme a Roberto Amarotto di Creativa, abbiamo sentito tutti l’esigenza di mettere a disposizione dei clienti l’esperienza maturata singolarmente e in gruppo in oltre 30 anni di professione, soprattutto dal momento che abbiamo visto emergere nuovi “guru” della comunicazione che a volte non arrivano a quarant’anni, ma di età non di esperienza.
Per lei quindi è l’esperienza la chiave fondamentale per una buona consulenza?
Sicuramente. Io sono in questo settore da quarant’anni e ho maturato delle skills su alcuni settori su cui potrei sentirmi molto più preparato rispetto ad altri. Se si parla di Grande Distribuzione, Retail, HoReCa e aziende che producono per tali settori (ancor meglio se alimentari) credo di essere in grado di fare un ottimo lavoro, mentre in ambito industriale sicuramente avrei bisogno di investire molto più tempo in approfondimenti -diciamo- per portarmi al livello, perché diffido molto di chi racconta di avere metodi universali applicabili alla grande industria, come al chioschetto di bibite all’angolo.
Inoltre l’esperienza è la cosa più bella da condividere e ne abbiamo avuto la prova quando abbiamo realizzato un corso di formazione per gli studenti di una scuola di business academy intitolato proprio: “Sognando la GDO”.
E come si conciliano creatività e consulenza?
Ha ragione, spesso si considerano attività poco congruenti, come se in fondo non occorra anche essere creativi nello studiare nuove strategie di marketing.
Ormai si valuta tutto con numeri: like, follower, condivisioni e ci si concentra poco sull’emozionalità del messaggio.
Spesso mi sono sentito dire: “guarda, questo post è veramente brutto, anche se ha avuto più like”. Un po’ come diceva Oscar Wilde: “parlarne bene o parlarne male non importa, purché se ne parli”.
Io credo che la comunicazione debba ancora emozionare e di tutte le campagne che abbiamo incontrato nella nostra vita, ricordiamo solo quelle che ci hanno regalato belle emozioni.
Può essere uno dei tanti momenti di “passaggio”, ma prima o poi si ritornerà a dargli il giusto valore.
Concluderei con la più classica delle domande: perché un’azienda dovrebbe rivolgersi a lei?
Perché come è scritto in uno degli aforismi riportati sul mio sito: “non credo nella reincarnazione, per questo cerco di dare il meglio in questa vita” e per un’azienda può essere già una bella garanzia del mio impegno.






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