Una delle straordinarie ricchezze del Bel Paese è la moltitudine di comuni, piccoli e grandi centri abitati, a ciascuno dei quali corrispondono altrettanti dialetti, inflessioni e modi di dire. Uno di questi è “boja fauss”, una tipica esclamazione piemontese che, letteralmente, significa “boia falso”. Ma da cosa deriva?
E' doveroso precisare che non si tratta di una bestemmia o di un’imprecazione volgare, ma di un’espressione che identifica una condizione di stupore o rabbia derivanti da un qualche episodio accaduto.
Sono principalmente due le teorie che si prefiggono di spiegare il suo significato: una di queste risale al periodo antecedente il 1853, anno fino al quale vennero eseguite le condanne a morte per mezzo della ghigliottina. Il “teatro” di queste esecuzioni era “el Rondò dla Forca”, l’attuale Rondò della Forca, luogo che venne scelto per diversi motivi: anzitutto per la sua vicinanza alle carceri che, all’epoca, si trovavano in via Corte d’Appello.
E poi per la struttura del luogo che, essendo ampio, poteva ospitare un pubblico numeroso, e per il fatto che questo fosse contornato da numerosi pini che lo rendevano buio e tetro, per accentuare ulteriormente la gravità degli atti che, lì, venivano compiuti. I condannati a morte vi giungevano confortati da un sacerdote ed accompagnati da una scorta armata e dalla Confraternita della Misericordia.
Nonostante, all’epoca, il boia fosse un mestiere legalizzato, esso era, ovviamente, denigrato dal popolo che non accettava la liceità dell’uccidere per soldi. Per questo i torinesi lo ribattezzarono “fauss”.
L’esistenza di tali figure, pertanto, rimase sempre appartata e nell’ombra, per la paura delle ripercussioni pubbliche. Ad esempio, al civico 2 di via Bonelli abitava Pietro Pantoni, l’ultimo boia, la cui moglie non usciva mai di casa per la vergogna. La vicina chiesa di Sant’Agostino era soprannominata “la chiesa del boia”, perché nei suoi pressi venivano seppelliti i condannati a morte e i detenuti defunti in carcere.
La seconda teoria che spiega il significato di “boja fauss” è sempre legata al disprezzo del popolo nei confronti del boia, ma come una sorta di eufemismo attraverso cui spostare l’imprecazione da Dio – dato il divieto dell’epoca di bestemmiare in pubblico – al boia, un mestiere considerato, appunto, spregevole, per non incorrere in notificazioni religiose o trasgressioni di leggi civili.