C'è il ghiacciaio del Mont Gelé, che come tanti "colleghi" combatte la sua battaglia contro le alte temperature che portano allo scioglimento di alcune sue parti. E anche i più "nostrani" torrenti Orco e Sangone, che di questi tempi hanno dovuto fare i conti con portate d'acqua a livelli straordinariamente bassi o addirittura periodi di secca.
Ma i territori in cui operano e studiano gli scienziati del Dipartimento di Ingegneria dell'ambiente, territorio e infrastrutture (Diati) del Politecnico sono ancora più ampi, come dimostrano per esempio strumentazioni che permettono di osservare il comportamento della Posidonia in un canale artificiale di 50 metri in cui si possono simulare le onde del mare e degli oceani. La pianta acquatica, infatti, ha la capacità di proteggere le coste da mareggiate ed eventi fuori scala.
Sotto lo sguardo del mondo
Tutto questo, in rappresentanza del Piemonte, è diventato oggetto di racconto di "Adaptation", progetto giornalistico internazionale che seleziona - regione per regione, nazione per nazione - casi di studio sul tema trasversale dei cambiamenti climatici. Studi, ma anche buone pratiche per mitigare e adattarsi, dove possibile, agli impatti di fenomeni che scandiscono il momento storico.
Siccità, precipitazioni disastrose, presto gli incendi boschivi e così via. Purtroppo gli esempi di cronaca non mancano. Ma il Poli mette in campo progetti "di frontiera", per alimentare conoscenze e fornire risposte.
Adattamento e mitigazione
"Cerchiamo soluzioni e proposte su come affrontare la cosiddetta transizione climatica - dice il direttore del Diati, Francesco Laio - ma dopo la ricerca è poi fondamentale il momento di trasmissione di certe competenze".
"Sono due le macroaree su cui lavoriamo - aggiunge Laio - la mitigazione e l'adattamento a questi effetti del cambiamento climatico. Lo studio sulla Posidonia è uno di questi, ma anche le ricerche sulla possibilità di limitare i fenomeni alluvionali. L'estremizzazione del rischio climatico è evidente e la siccità recente lo dimostra, ma nei prossimi decenni ci dovremo abituare a pochi eventi piovosi, però più violenti".