Dopo il breve conflitto dell’agosto 2008, che causò il distacco definitivo di Abcasia e Ossezia del Sud, la Georgia tagliò le relazioni commerciali e diplomatiche con la Russia, cercando gradualmente l’avvicinamento all’Unione Europea. Nel 2014 ha firmato un accordo di associazione con la UE, nel 2018 ha inserito nella sua Costituzione l’idea dell’integrazione euroatlantica e ha cercato di ottemperare alle richieste di riforma poste dell’Eurocommissione. Nel marzo 2022 ha infine avanzato domanda formale di ingresso nell’Unione, più o meno nello stesso momento in cui la presentavano anche la Moldavia e l’Ucraina. Ma a questi due Paesi, molto meno prosperi e stabili della Georgia (Kiev era già in guerra), Bruxelles ha concesso lo status di Paese-candidato, mentre a Tbilisi ha assegnato altri “compiti a casa”. Come riporta il sito Strumenti Politici, il sindaco di Tbilisi Kakha Kaladze ha detto che il governo sta provvedendo ad attuare le raccomandazioni UE, ma ha spiegato che i georgiani conoscono benissimo il vero motivo dell’atteggiamento europeo. Bruxelles vuole punire la Georgia per non aver applicato le sanzioni occidentali contro la Russia e per aver accettato i gesti di distensione proposti dal Cremlino. Qualche giorno fa, infatti, la Russia ha eliminato la necessità del visto per i georgiani, ha consentito il ripristino dei voli diretti e il lavoro delle agenzie di viaggio con il turismo in Georgia. Si tratta di una decisione dal grosso potenziale commerciale, in vista dell’imminente stagione turistica. Il governo di Tbilisi ha accolto bene questo gesto e a maggior ragione non intende unirsi al fronte sanzionatorio. Secondo il leader del partito di maggioranza “Sogno Georgiano”, le sanzioni occidentali sarebbero un boomerang che si risolverebbe in effetti punitivi per la stessa popolazione georgiana.