"Grazie, Signore, che ci hai dato il calcio": non poteva esserci titolo migliore per l'autobiografia di uno dei telecronisti sportivi più noti del panorama italiano. Amato e odiato, Fabio Caressa non è un personaggio che lascia indifferenti, e la sua ospitata al Salone Internazione del Libro di Torino non è stata da meno, tra moltissimi aneddoti e spiegazioni su una professione che lo ha reso, nel bene e nel male, un personaggio sicuramente pubblico e per certi versi iconico.
Una dichiarazione d'amore
Il libro rappresenta senza ombra di dubbio una dichiarazione d'amore di un mestiere unico come quello del telecronista, interpretato in un modo molto personale tanto da far coniare il termine caressismo: "Nelle telecronache - ha sottolineato - c'è sicuramente molto istinto, ma altrettanto studio non solo sul ritmo: la preparazione di una partita, infatti, porta via almeno 40 ore di lavoro e proprio per questo ho creato un archivio sul maggior numero possibile di calciatori. In ogni caso, anche se esiste una parte di razionalità, io preferisco quella emotiva perché tocca memorie più profonde; mi pagano per un lavoro che pagherei di tasca mia pur di farlo, se non avessi fatto il telecronista probabilmente non avrei saputo cosa fare nella mia vita”.
Bergomi, Ancelotti e Capello
Tra i tanti personaggi del mondo del calcio incontrati dentro e fuori dal campo, a essere citati sono stati i 3 più significativi, tra cui la storica “spalla” televisiva: “Beppe Bergomi – ha proseguito – è come una seconda moglie: io e lui passiamo anche 40 giorni insieme e siamo in grado di creare una sintonia assoluta pure nella diversità di carattere visto che io mi agito facilmente mentre lui tende a tranquillizzarmi. Tra i migliori allenatori, invece, indico Ancelotti e Capello: il primo per la calma che trasmette fino all'ultimo minuto di una partita, il secondo perché è un faro a cui non sfugge nulla; il segreto per essere vincenti è quello di saper creare gruppi straordinari”.
Le emozioni più grandi
Oltre alle vittorie dell'Italia ai Mondiali e agli Europei, Caressa ha anche esternato quali siano state le più grandi emozioni vissute durante la propria carriera: “Anfield Road a Liverpool - ha concluso – rappresentano, per me, l'essenza del calcio: quando parte 'You'll never walk alone con la 'sciarpata' e si alza lo striscione del papà che va allo stadio con il figlio. Il momento più emozionante, però, l'ho vissuto a Sudafrica 2010 quando è entrato Nelson Mandela nello stadio, un uomo che con la non violenza ha ottenuto il rispetto di tutti”.