Antonio Grulli è il primo curatore scelto per guidare il progetto delle Luci d’Artista, che l’anno scorso ha festeggiato i suoi primi 25 anni.
Perché era necessario avere un curatore?
“Il progetto c'è da molti anni, i risultati sono stati alti e proprio grazie a questi, Luci d’Artista ha accumulato installazioni, rapporti con gli artisti, potenzialità inespresse. C’era bisogno di una figura che riuscisse a mettere in ordine il passato e a ottimizzare le energie, perché si tratta di un vero e proprio museo a cielo aperto”.
Quali saranno le prime azioni da curatore?
“Prima di tutto devo imparare. Dalle figure che ci sono dietro al progetto, alle eccellenze che lo guidano, fino ai tecnici che gli danno concretezza.
Per me questo è un momento di apprendimento e di ingresso all’interno di una struttura complessa. Una delle prime cose che vorrei fare poi è mettere ordine nella storia del progetto. Raccogliere tutti i materiali, i bozzetti, i disegni, gli scambi con gli artisti, tutto quello che è stato fatto con queste opere. Si inizierà con un processo di archiviazione, sarà una delle mie priorità per rendere disponibile il materiale. Cercheremo inoltre di instaurare relazioni internazionali per promuovere il progetto all’estero. Abbiamo già prestato alcune opere in passato, ma vorremmo incrementare i rapporti sul piano estero.
Un’altra cosa cui penso è di riuscire ad ampliare le molte facce di Luci d’Artista, slegando il progetto dal legame con il periodo natalizio. Vorremmo riuscire ad andare oltre questa ubicazione e inserirlo anche in altri momenti per renderlo davvero un museo a cielo aperto ed espandere il concetto di luce non solo legato alla notte”.
Che cosa l’affascina di più di Luci d’Artista e cosa rappresenta per lei questo incarico?
“Il progetto si è inserito nell’immaginario collettivo torinese e non solo. Pensiamo all’opera di Mario Merz o di Rebecca Horn, sono opere che si sono imposte nel paesaggio urbano. Il progetto rappresenta un unicum a livello mondiale, sono pochi gli interventi di questo genere che a livello urbano hanno avuto un così grande successo, non solo con il pubblico degli addetti ai lavori. Il fatto che ci siano le cartoline di Luci d’Artista, è un simbolo che dice tantissimo della sua influenza.
Per quanto riguarda il mio incarico è molto intrigante. Gli interventi hanno a che fare con la land art, la minimal art, e l’arte installativa degli anni ’60 e ’70, hanno un legame con quella parte di linguaggi. Hanno un legame con l'arte performativa effimera e al tempo stesso con qualcosa che affonda le radici nei giochi di luce barocchi. Radici molto antiche, ma anche molto contemporanee”.