Un messaggio forte e chiaro, che era già stato lanciato nei mesi scorsi, ma che ora vuole tornare a farsi sentire, forte e chiaro. E' quello lanciato questa mattina - ai piedi del Grattacielo della Regione Piemonte - dai sindacati del mondo delle telecomunicazioni.
Una protesta che non si è mossa "da sola", visto che nelle stesse ore, negli stessi luoghi, erano presenti anche i lavoratori delle mense dell'azienda che serve proprio Telecom, uno dei "colossi" che danno motivi di preoccupazione ai sindacati.
"Sono ormai anni che come Slc Cgil, Fistel Cisl e Uilcom Uil denunciamo il lento declino delle telecomunicazioni e dell’insediamento Rai in Piemonte senza vedere, ad oggi, alcuna significativa inversione di tendenza", dicono i rappresentanti degli addetti ai lavori.
Oltre 8000 addetti in tutto il Piemonte
Le Telecomunicazioni in Piemonte contano attualmente oltre 8.000 addetti. Circa 4.000 sono lavoratrici e lavoratori di aziende operative nel settore dell’offerta e della gestione della connessione (Telco). Ulteriori 4.000 operano nei call center per aziende pubbliche e private. Senza dimenticare tutti coloro che operano nella filiera degli appalti e dell’impiantistica dell’infrastruttura digitale.
"In questo ambito - dicono i sindacati di categoria - una miope politica regolatoria del settore, combinata con la completa assenza di visione strategica circa le politiche industriali di un settore, che nei Paesi tecnologicamente avanzati sta rappresentando un volano di sviluppo, hanno portato ad una competizione fra gli operatori basata esclusivamente sulla riduzione dei costi. In un settore dove l’aggiornamento tecnologico e la capacità d’investimento costituiscono capitoli di spesa ineludibili, i costi tagliati si ripercuotono inesorabilmente sull’organizzazione del lavoro ed in particolare sulle lavoratrici ed i lavoratori. Questa competizione al ribasso, divenuta insostenibile, ha avviato processi di ristrutturazione che coinvolgono negativamente tutte le più grandi aziende operanti nelle Telecomunicazioni".
Da WindTre a Vodafone
Tra le situazioni che i sindacati vogliono porre all'attenzione, ci sono "lo scorporo della Rete in Windtre, la profonda ristrutturazione di Vodafone, la fine prospettata di Tim con lo scorporo della Rete di accesso e la creazione di due o forse tre nuove aziende, la vendita di un pezzo di Olivetti, la palese difficoltà di British Telecom. Un quadro desolante rispetto al quale crediamo vi sia la necessità che le Istituzioni nazionali, regionali e territoriali si espongano".
Connessione per tutti (e democrazia)
Ma come è possibile che, su temi come la connessione a Internet e la navigazione, uno dei business più fiorenti e attuali del decennio possa soffrire di crisi economiche? "E' necessario che tutte le Istituzioni si attivino per tendere ad una soluzione che possa garantire a tutte e tutti le cittadine e cittadini il pieno diritto e accessibilità alla rete affinché il divario digitale tra le persone e tra territori diversi non ricalchi le linee di disparità sociali oggi presenti. Il diritto alla connessione non può passare dalla garanzia di basse tariffe derivanti da una competizione selvaggia. Solo attraverso una concreta politica industriale di lungo periodo che garantisca qualità, occupazione, efficienza della copertura potremo evitare, da qui a qualche anno, di fallire l’obbiettivo della banda Ultra larga del 2026, di smembrare un settore strategico e creare migliaia di esuberi".
Come detto, il panorama rischia di essere desolante in qualunque direzione lo si osservi: dal caso Tim, azienda nata a Torino, che vive ora l'ipoteisi di scorporare la Rete consegnandola al fondo americano Kkr, al settore dei call center in outsourcing, che sta attraversando una crisi profondissima legata alle logiche delle gare d’appalto pubbliche e private e al dumping che le aziende operano sui salari e i diritti dei lavoratori. Fino alla Rai, di cui da anni i sindacati denunciano "lo strisciante disimpegno dal nostro territorio di un’altra azienda nata a Torino. Non ci sono produzioni durature, non vi sono investimenti tecnologici, non vi sono assunzioni che segnino, in maniera netta, l’intenzione di rilanciare Torino quale Centro di Produzione e di eccellenza della più grande azienda culturale del Paese".
"Vogliamo davvero questo per le Telecomunicazioni in Italia ed in Piemonte? Vogliamo davvero questo per la Rai a Torino?", si chiedono i rappresentanti di Cgil, Cisl e Uil. "Chiediamo alla Regione Piemonte di attivarsi presso le Direzioni competenti e il Governo affinché il patrimonio di cultura e professionalità delle Telecomunicazioni e di RAI non vengano disperse e distrutte. Un patrimonio italiano, ancora prima che piemontese, incarnato dalle migliaia di lavoratrici e lavoratori che sicuramente, se non si invertirà la tendenza, continueranno nel breve periodo a vedere peggiorare le condizioni di lavoro e inclusione sociale e nel lungo dovranno affrontare difficoltà derivanti dalle migliaia di esuberi che, purtroppo, ci troveremo ad affrontare".