Cultura e spettacoli - 16 febbraio 2024, 07:07

A 15 anni dall'uscita, Dente riporta a Torino “L'amore non è bello”: “Sento ancora la potenza di quelle canzoni” (INTERVISTA)

In occasione della ristampa in doppio vinile, il cantautore emiliano suonerà interamente il suo terzo album, uscito nel 2009 nel giorno di San Valentino. Sold out all'Hiroshima Mon Amour

A 15 anni dall'uscita, Dente riporta a Torino “L'amore non è bello”: “Sento ancora la potenza di quelle canzoni” (INTERVISTA)

Nel giorno di San Valentino di 15 anni fa usciva un album destinato a consacrare, verso la fine dei cosiddetti “anni zero” della musica indipendente italianaun giovane cantautore emiliano destinato a lasciare il segno grazie al suo modo ironico e scanzonato di raccontare l'amore. Quel giovane cantautore, che di nome fa Giuseppe Peveri meglio conosciuto come Dente, oggi è un musicista apprezzato e navigato e stasera tornerà all'Hirosima Mon Amour di Torino per suonare interamente quell'album - iconicamente intitolato “L'amore non è bello” - in occasione della sua ristampa in doppio vinile. Il concerto di stasera, che fa parte di un minitour di 5 date partito il 14 febbraio da Milano, è già sold out: ecco l'intervista a poche ore dal live.

 

Dente, da dove nasce la scelta di ristampare “L'amore non è bello”?

 

Mancando dai negozi da molto tempo, ho pensato potesse essere una buona idea quella di ristamparlo in doppio vinile speciale proprio in occasione dei 15 anni dalla sua pubblicazione, aggiungendo un po' di materiale di quel periodo. Oltre al disco originale rimasterizzato, ci sono tutti i provini casalinghi realizzati prima di andare in studio, con versioni molto diverse da quelle conosciute, una demo di “Sogno”, uscita solo in una compilation del Premio Tenco, e l'inedito “Domenica d'agosto”.

 

Da qui anche l'idea di questo minitour: a proposito, come sarà il concerto?

 

Si dividerà in due momenti: nel primo farò tutto “L'amore non è bello” dall'inizio alla fine cercando di riprodurlo il più fedelmente possibile. Proprio per questo, insieme alla band che ha suonato nel mio ultimo album “Hotel souvenir”, ho fortemente voluto una sezione di fiati, che in quel disco rappresentava una parte molto importante dei suoni. Nel “secondo tempo”, invece, pescherò da tutta la mia discografia.

 

Come pensi sia “invecchiato” quell'album? È ancora attuale quel modo ironico e scanzonato di raccontare l'amore?

 

All'epoca, la mia intenzione era quella di fare qualcosa di non allineato e fuori dal tempo, con l'idea che restasse eterna e non solo legata al momento. Riascoltandolo, a distanza di 15 anni, sento ancora la potenza di quelle canzoni, mi fa piacere ricantarle e per questo non cambierei una virgola; forse bisognerebbe capire com'è invecchiato nelle orecchie degli ascoltatori.

 

Sei sempre convinto che l'amore non sia bello?

 

Sono sempre abbastanza convinto che sia una cosa meravigliosa ma che, in alcuni casi, possa rigirarsi mostrando una faccia non troppo piacevole. Ovviamente, quando l'amore c'è è bello, mentre quando finisce non è bello.

 

Che ruolo gli dai in base alla tua esperienza?

 

Nei miei pezzi parlo spesso di questo argomento perché è uno dei pochi in grado di smuovere le corde della mia scrittura. Quando mi viene da scrivere qualcosa, il 90% delle volte è sull'amore: non lo faccio volontariamente, ma scrivo quando sento il bisogno di farlo in modo molto naturale. Per il mondo forse non serve, ma a me serve a stare un po' meglio, non risolve i problemi ma alleggerisce la vita.

 

Facciamo un salto nel presente di “Hotel Souvenir”: hai poi trovato “dove va a finire il tempo che passa”?

 

Non ancora: tutti lo cerchiamo, ci andiamo, ci passiamo, ci torniamo per riviverlo, ma il tempo passato è soltanto dentro la nostra testa. Anche questa operazione, lo sguardo sul tempo passato, il cercare di tornare indietro, è del tutto inutile: dovremmo pensare più spesso, invece, al tempo futuro, che per noi non esiste solo perché non lo abbiamo vissuto.

 

Che rapporto hai con Torino?

 

Torino è una città che mi ha sempre affascinato per la sua estetica e la sua austerità, ma che ho frequentato meno di quanto volessi nonostante sia vicinissima a Milano, dove abito. In futuro, mi piacerebbe riuscire a viverla un po' di più e passarci un po' più di tempo, anche perché qui ho tanti amici come Bianco e Guido Catalano; noi musicisti, purtroppo, siamo sempre di fretta e non riusciamo a fermarci troppo nei posti in cui suoniamo.

 

Restiamo nell'attualità: Sanremo. Hai mai pensato di andarci o ti sei mai proposto?

 

Entrambe le cose, ad esempio con “Adieu” e recentemente con “Cambiare idea” e “Discoteca solitudine”. Finora non è mai successo di andarci, ma non è detto che non succederà mai: per essere sul palco di Sanremo servono la canzone giusta, una buona dose di convinzione, grande serenità e poche ansie.

 

Cosa ne pensi, a proposito, delle polemiche politiche post-festival?

 

Al di là dell'orribile comunicato letto da Mara Venier, credo che le cose vadano argomentate bene senza nascondersi: anche se tutti conosciamo il giusto e lo sbagliato, infatti, non possiamo più solamente dire “viva la pace e abbasso la guerra” come facevano i complessini beat negli anni '60. A livello personale, pur avendo le mie opinioni e il mio pensiero, la politica è una cosa che non ha mai smosso le corde della scrittura di cui parlavo prima. È giusto che a scriverne siano gli artisti in grado di farlo senza retorica e bravi a coinvolgere chi ascolta facendogli capire delle cose.

Marco Berton

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