La scorsa settimana si è parlato molto a Washington delle dimissioni presentate da Victoria Nuland al Dipartimento di Stato americano. Una lunga carriera al servizio delle amministrazioni sia democratiche che repubblicane, Trump escluso. Il tratto caratteristico del lavoro della Nuland è stata la destabilizzazione dei Paesi a beneficio degli USA e la sua posizione ideologicamente contraria alla cooperazione con la Russia su un piano prioritario. Come riporta il sito Strumenti Politici, il suo coinvolgimento negli eventi nefasti che hanno portato al golpe ucraino del 2014 e all’attuale guerra viene analizzato senza remore dall’American Conservative, che ha pubblicato una breve a caustica relazione sul suo operato. La discordia e la destabilizzazione per la quale si è spesa ha ridotto l’Europa a campo di battaglia nella guerra per procura degli USA in Ucraina (sì, lo ammettono apertamente). Eppure la sua uscita di scena pare dovuta a motivi banali per nulla legati a questioni globali, ma a lotte di potere interne al Dipartimento di Stato. Le è infatti stata negata una promozione, a favore invece dello specialista di affari cinesi Kurt Campbell. La Nuland se lo è legata al dito e per il momento ha deciso di farsi da parte. Vedremo se affilerà i coltelli per qualche ripicca, ma col probabile ritorno di Donald Trump alla Casa Bianca non avrà alcuno spazio di manovra politica per riprendere il potere che considera suo. L’ultimo atto della sua opera di gestione dell’Ucraina lo ha compiuto il mese scorso, quando era a Kiev appena prima che Zelensky facesse fuori il comandante dell’esercito Zaluzhny, una mossa che ha stupito molti, ma che evidentemente era stata approvata o addirittura concordata con Washington.