Economia e lavoro - 10 febbraio 2025, 07:00

Il mondo nel piatto

Viaggio tra le ricette più strane del pianeta

Il mondo nel piatto

Quando si viaggia, si assaggiano nuove culture anche – e soprattutto – a tavola. Spesso, la vera sorpresa non sta solo nel sapore, ma negli ingredienti, nelle tradizioni e nei metodi di preparazione. Ci sono piatti che sfidano le nostre abitudini, che fanno alzare le sopracciglia o addirittura chiudere gli occhi. Eppure, per chi mangia queste pietanze ogni giorno, rappresentano la normalità. Alcune sono antiche, altre simbolo di identità nazionale. Tutte però raccontano qualcosa del popolo che le ha create. Partiamo, quindi, per un viaggio attorno al mondo alla scoperta delle ricette più strane – o forse solo più lontane dal nostro gusto – che il pianeta ha da offrire.

Iniziamo dalle Filippine, dove uno degli snack più popolari è il balut, ovvero un uovo di anatra con l’embrione parzialmente sviluppato all’interno. Becco, ossa e piume sono cotte e servite con un pizzico di sale o aceto. È considerato un concentrato di proteine e un simbolo di virilità, ma per molti turisti resta una delle sfide culinarie più dure da affrontare. Spostandoci verso nord, in Islanda, troviamo un altro “campione del disgusto” secondo molte classifiche internazionali: lo hakarl. Si tratta di squalo della Groenlandia lasciato fermentare sottoterra per settimane, poi essiccato all’aria. L’odore ricorda l’ammoniaca e il sapore è altrettanto estremo. Eppure, è un piatto della tradizione, servito soprattutto durante le festività locali. Anche l’Italia ha la sua portata estrema, in Sardegna. Il celebre Casu Marzu è un formaggio pecorino che ospita larve vive. Queste digeriscono il formaggio, rendendolo cremoso e piccante. È illegale secondo le normative europee, ma ancora oggi viene prodotto artigianalmente. Alcuni lo mangiano con le larve, altri le rimuovono... se riescono. In Messico, invece, le escamoles – uova di formica raccolte dalle radici dell’agave – sono considerate una prelibatezza. Definite “il caviale degli insetti”, hanno una consistenza burrosa e un sapore delicato. Si servono dentro tacos o frittate, e affondano le radici nella cucina precolombiana.

Il metodo di cottura può essere bizzarro quanto gli ingredienti. In Perù, tra i popoli dell’Amazzonia, si prepara la sopa de piedra: una zuppa cucinata gettando pietre roventi in un recipiente di foglie riempito di acqua, pesce e spezie. In Giappone, la raffinatezza incontra il coraggio con lo shirako, ovvero il liquido seminale di pesce – solitamente merluzzo – servito crudo, al vapore o fritto. La consistenza è cremosa e il sapore tenue. In molti ristoranti è considerata una vera leccornia. Se la pizza è il simbolo della cucina italiana, in Thailandia alcuni chef ne propongono una versione floreale, con fiori commestibili come orchidee, ibischi e gelsomini. Un’esplosione di colori e profumi, che rende omaggio alla cucina vegetariana. Nell’Africa australe, le larve di falena, chiamate mopane worms, vengono fritte o essiccate al sole. Sono uno snack comune, ricco di proteine e molto diffuso nelle diete locali. Infine, uno dei piatti più estremi al mondo, il kiviak, originario della Groenlandia. Centinaia di piccoli uccelli vengono inseriti in una foca svuotata, poi sigillati con il suo grasso e lasciati fermentare per mesi. È un piatto che si consuma crudo durante le feste, l’odore è talmente intenso che spesso chi lo mangia deve stare all’aperto.

Questi piatti, per quanto lontani dalle nostre abitudini, ci raccontano che il gusto fa parte della cultura. Ciò che per qualcuno è repellente, per altri è tradizione e identità. Assaggiare nuovi piatti è viaggiare con il palato. È un modo per conoscere nuove realtà e capire che, nel mondo, il confine tra “strano” e “usuale” è solo una questione di prospettiva.

Laura Graziano

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