Un attacco hacker mirato, quello subito dall’artista Faé A. Djéraba, fatto per indebolire la sua voce a supporto delle donne afghane e iraniane.
“È stata una violenza inaudita, hanno cancellato otto anni del mio lavoro, spariti nel nulla. Se cerchi tutto quello che ho fatto su internet, non lo trovi più. Interviste, incontri, il mio sito e i miei profili social bloccati. Psicologicamente, mi sono annullata, mi sono venuti i capelli bianchi, ho sofferto di attacchi di panico. Avevo lavorato anni con fatica per portare le mie opere in giro per il mio, avevo preso porte in faccia, grandi sacrifici e grandi spese” così commenta l’artista di Finale Ligure.
Tutto è iniziato nel 2023 iniziato tutto, quando alcuni amici avvisano Faé della vendita online delle sue opere. “Mi chiamavano da Parigi, da Londra e da Biella. Erano tutti stupiti perché io ho sempre di non voler vendere le mie opere online. Quando sono andata a controllare, eccole lì. Tre mie opere, tutte legate alle donne iraniane e al Movimento Donna Libertà, vendute su una piattaforma online a dei costi allucinanti”.
Sebbene spaventata, Faé si è subito recata dai Carabinieri e dalla Digos per fare denuncia. “In contemporanea avevo ricevuto un messaggio che diceva solo ‘Allahu Akbar’ su Facebook. Dopo poco ci siamo resi conto che mi avevano rubato sia quel profilo che quello su Instagram”.
Ed è solo l’inizio del calvario professionale di Faé A. Djéraba a causa dell’hackeraggio.
Nata il 31 dicembre 1964 a Ezzahra in Tunisia, Faé ha vissuto in Francia e poi Italia con il marito e il figlio. Di religione musulmana si è poi convertita al cattolicesimo. “Ho ricevuto un’educazione musulmana negli anni ’60. Mi ha portato a fare delle scelte radicali e pesanti che ho portato avanti per tutta la vita. Per me è stato pesante, ribelle come sono, a 13 anni dissi a mia madre che non avrei più fatto il ramadan, perché non aveva senso. Non condivise la mia scelta, ma non mia madre non mi ha mai costretta a fare nulla”.
A 18 anni subisce una violenza che segnerà profondamente la sua vita. Un trauma che ha cercato a lungo di dimenticare, ma che è poi riemerso con forza. “Da lì, ho sempre lavorato per salvare più donne possibili. Ho sempre lavorato per i diritti e nell’ambito sociale. La mia rivoluzione è partita dall’arte”.
Ed è questo che ha probabilmente attirato l’attenzione degli hacker. “Dopo quanto accaduto a fine 2023, tenni una mostra e una conferenza a Sanremo per i diritti umani. Mi rifiutai di cedere, andai lo stesso perché le donne stavano e stanno tuttora pagando un prezzo enorme. Tenni il discorso e a distanza di qualche mese, esplose la bomba: tutto quello che avevo fatto in 8 anni di lavoro, era tutto stato cancellato dal web. Non c’erano più notizie delle mie mostre a Milano, Torino, Venezia, Londra, Parigi, New-York. Tutto il mio lavoro sulle donne era sparito”.
Un danno professionale enorme, un attacco personale e metodico che ha minato tutta la sua visibilità. “Cercavano di contattarmi con chiamate dagli Emirati Arabi e cercano ancora oggi di inserirsi nel mio iPhone. Ho dovuto ricominciare: rifare il sito web, i profili social, cambiare numero. Psicologicamente, mi sono annullata, mi sono venuti i capelli bianchi, ho avuto attacchi di panico. Sono riuscita solo adesso, con l’aiuto di uno psicologo, a riprendere in mano il mio lavoro e la mia vita. È stato un attacco di una violenza inaudita”.
L’arte sociale e politica per i diritti delle donne iraniane e afghane di Faé riparte dal Salone del Libro di Torino. L’artista terrà una mostra e un incontro sul libro L’art de Voir, in cui ha racchiuso il suo lavoro. “Quello almeno non possono portarmelo via. Il mio è un atto di resistenza. Se rinuncio hanno vinto loro, non posso arrendermi per queste donne”.
Il vernissage e la presentazione del libro, si terranno venerdì 16 maggio alle ore 18 presso l’ATB Associazione Culturale.