“Non si può fare festa senza ricordare i Paesi in guerra dove le persone temono la possibilità di essere uccisi e di soffrire”. Sono queste le prime parole usate dall’arcivescovo di Torino, cardinale Roberto Repole, per aprire la celebrazione della Messa per la ricorrenza di San Giovanni, patrono di Torino.
Tante le autorità in prima fila
Di fronte a lui, un duomo gremito di autorità, istituzioni, ma anche tanta gente comune. In prima fila la vicesindaca Michela Favaro e l’assessore regionale Andrea Tronzano. Con loro anche il prefetto Donato Cafagna.
Torino senza figli
Ma è l’omelia che affonda il colpo, dopo il passo del Vangelo di Luca sulla nascita di Giovanni Battista: “La vita umana, perché ci sia e cresca, chiede che qualcuno vi si chini sopra con decisione ferma e tenace di mettere a disposizione tutto ciò che serve per farla crescere ed educata. Solo se ci sono adulti in grado di accogliere la vita inedita, può esserci la nascita di un nuovo essere umano e la sua presa in carico”. Invece a Torino “si registra un forte calo demografico, quasi 7000 persone in tutto il Piemonte. Siamo di fronte a un fallimento epocale. Miope che i diritti delle donne siano stati presentati come antitetici a quello della natalità e che pro vita sia quasi un insulto”.
“Pro vita non è medioevo”
“Essere pro vita sembra voler dire essere medievali - prosegue - mentre suona moderno essere pro morte, come per l’eutanasia. Sembra ci stiamo suicidando, mentre il lavoro viene ormai considerato un bene deprezzabile con aziende che spostano le loro produzioni lontano dalla città e i giovani trovano solo lavoro precario. Come si può pensare che mettano su famiglia?”.
Lavoro e patrimoni
Chi ha patrimoni, punta il dito Repole, “li tiene immobilizzati, ma bisogna convincerli a portarli dalla parte della nostra città. Torino ha sacche importanti di povertà ma è anche la terza città in Italia per famiglie ricche, con un incremento dei depositi delle banche ancora sull’anno passato. Gli stessi servizi di welfare mostrano limiti che in Nord Europa non hanno, ma anche solo a Bolzano”.
“Ci stiamo suicidando”
E conclude: “Senza giovani sarà difficile mandare avanti la città e pagare le pensioni degli anziani. Giovani e anziani non vanno contrapposti, anzi è vero il contrario. Solo prendendosi cura degli anziani si può dimostrare che conviene vivere in una città capace di cura per le generazioni passate. E perché le nuove generazioni preferiscono andare lontano? Il problema è culturale: c’è un approccio di crescente controllo e manipolazione della vita in tutte le sue componenti. Ma questo porta nelle tenebre più fitte, dove una nuova esistenza diventa una minaccia e non un motivo di gioia. Un giorno, questi bambini, ci giudicheranno”.