Sanità - 07 settembre 2025, 07:18

Un anticorpo contro colesterolo, ictus e rischio di infarto: la storia di un paziente del Mauriziano fa scuola nel mondo

Il caso, insieme allo studio scientifico “Caruso”, è stato al Congresso Europeo e Mondiale di Cardiologia di Madrid

Studio all'avanguardia all'ospedale Mauriziano

Studio all'avanguardia all'ospedale Mauriziano

Un anticorpo monoclonale riduce colesterolo cattivo e placca carotidea e, soprattutto, abbatte di sette volte il rischio di infarto, ictus ed eventi vascolari. È questo il risultato di uno studio spontaneo e non sponsorizzato condotto dall’Azienda Ospedaliera Ordine Mauriziano di Torino, presentato nei giorni scorsi a Madrid nell’ambito dell’ESC Cardiovascular Meeting, il maggiore congresso internazionale di Cardiologia che vede quest’anno la partecipazione di 40mila specialisti provenienti da tutto il mondo.

"Lo studio è stato condotto su 170 pazienti con stenosi carotidea pari o superiore al 50% e con colesterolo LDL-C pari o superiore a 100 mg/dL – spiega Tiziana Claudia Aranzulla, cardiologa interventista del Mauriziano e ideatrice dello studio -. In aggiunta alla terapia orale standard, a un gruppo di pazienti è stato somministrato il farmaco Evolocumab, anticorpo monoclonale in grado di inibire la proteina PCSK9 che, dal canto suo, impedisce al fegato di rimuovere efficacemente il colesterolo LDL. Dopo un anno di trattamento, in questo gruppo di pazienti s’è registrata una riduzione percentuale di LDL-C del 73,5% (contro il 48,3% del gruppo con terapia standard), una regressione della placca nel 68,4% dei casi (contro il 63,5% dell’altro gruppo) e una presenza di eventi cardiovascolari avversi pari al 2,4% (contro il 14,4%). Questi numeri ci permettono di dire che l’anticorpo monoclonale utilizzato nello studio potrebbe diventare il trattamento standard per i pazienti con stenosi carotidea pari o superiore al 50%".

Il paziente torinese

Lo studio è partito dal caso di R.L., paziente torinese di 78 anni, seguito dal 2016 dalla dottoressa Aranzulla, inizialmente affetto da stenosi carotidea del 70% e trattato con la terapia monoclonale per cercare di evitare l’intervento chirurgico. Oggi la sua stenosi si è ridotta al 55% e non è stato necessario intervenire chirurgicamente.

Allo studio è stato dato il nome di “Caruso”, sintesi del titolo “CARotid plaqUe StabilizatiOn and regression with Evolocumab” ed è stato condotto dalla Cardiologia del Mauriziano diretta dal dottor Giuseppe Musumeci con il coinvolgimento del dottor Simone Quaglino e del dottor Salvatore Piazza della Chirurgia vascolare del Mauriziano diretta dal dottor Andrea Gaggiano e del dottor Salvatore Oleandri, diabetologo dell’ASL Città di Torino.

La stenosi carotidea

La stenosi carotidea si esprime in un restringimento delle arterie carotidi, vale a dire le principali arterie del collo che conducono il sangue al cervello. Il colesterolo LDL (definito anche “colesterolo cattivo”) è la lipo-proteina che trasferisce il colesterolo dal fegato ai tessuti del corpo e che, se presente in eccesso, può depositarsi sulle pareti delle arterie dando origine a placche in grado di restringere il lume dei vasi sanguigni, ostruirne il flusso e aumentare il rischio di infarto, ictus e altre malattie cardiovascolari.

"Si tratta di un risultato di grande importanza per il percorso di cura dei nostri pazienti e che legittima il lavoro svolto negli ultimi cinque anni dalla Cardiologia del Mauriziano, che è stata tra le prime in assoluto a utilizzare questa terapia precocemente nei pazienti con infarto miocardico acuto, terapia oggi considerata standard, e  capace di fare scuola nel mondo come ha dimostrato anche l’applauditissima presentazione di poche ore fa a Madrid – commenta Giuseppe Musumeci Lo studio condotto al Mauriziano sarà di grande aiuto anche per i pazienti con arteriopatia periferica, patologia predittiva di malattia coronarica che, se non diagnosticata in tempo, può comportare un alto rischio di amputazione, ictus e infarto. Diagnosticare e curare correttamente questa patologia, che in Piemonte interessa oggi circa 400.000 persone con un’incidenza del 20% per quelle oltre gli 80 anni, significa prevenirne sia le complicanze sia lo sviluppo di gravi malattie cardiache".

redazione

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