Cronaca - 10 settembre 2025, 12:15

Barriera di Milano e Porta Palazzo, l'appello dei parroci: "Il nostro quartiere non è solo violenza: ci sono percorsi per una convivenza pacifica"

Don Andrea Bisacchi, don Marco Vitale e don Alessandro Rossi (Sermig, Maria Regina della Pace e San Gioacchino) invitano a dare forza agli "spiragli di speranza che tocchiamo con mano, senza negare le difficoltà"

Anche il mondo delle parrocchie si attiva per Barriera di Milano

Anche il mondo delle parrocchie si attiva per Barriera di Milano

Barriera di Milano è un quartiere che soffre, così come la zona intorno a Porta Palazzo. Ma non c'è solo quello. Ci sono anche "spiragli di speranza" che possono fare da argine al degrado e percorsi per arrivare a una convivenza pacifica. Ne sono convinti i parroci di alcune delle comunità religiose della zona: don Andrea Bisacchi, don Marco Vitale e don Alessandro Rossi della Fraternità del Sermig, parroci nelle parrocchie Maria Regina della Pace e San Gioacchino

Lettera-appello
 

A far sentire la loro voce, una lettera scritta di comune accordo in cui si sottolinea come "la violenza dei fatti di cronaca che interessano i nostri quartieri spaventino la gente: la situazione sta peggiorando - molto, troppo velocemente - eppure noi siamo convinti che Torino possa trovare il modo di ragionare su questi quartieri non solo in termini di paura, ma di percorsi possibili e molto concreti per una convivenza pacifica. Esistono spiragli di speranza che noi parroci, senza negare le grandi difficoltà, stiamo toccando con mano".

Morte violenta degli invisibili

"Negli ultimi mesi - proseguono - la morte violenta ha segnato due volte le strade di Barriera e Aurora. Il 2 maggio ha perso la vita Mahmood, 19 anni, a un centinaio di metri dalla parrocchia Maria Regina della Pace. Il 30 luglio a fianco alla parrocchia San Gioacchino è morto Courage di 30 anni, padre di una bambina di 3 anni. Ci siamo accorti subito che queste vicende riguardano vite «invisibili». Nelle ore successive abbiamo provato ad ascoltare la gente. Qualcuno chiudeva il discorso pensando che se la sono cercata. Qualcun altro pensa che, finché succede «tra di loro», non ci riguarda. Altri ne approfittano per dare sfogo alla propria paura e per accusare le istituzioni di non fare abbastanza. E intanto le vite perdute restano invisibili".

Veglie di preghiera contro l'indifferenza

"Abbiamo provato a camminare nelle strade: la prima impressione è stata di vuoto - aggiungono i religiosi -. Nei luoghi della morte ci ha colpito il silenzio, negozi e bar chiusi, passanti che abbassavano la voce e passavano oltre con rispetto. Poco più in là continuava a vivere la città di sempre, con le sue contraddizioni. Nei giorni successivi abbiamo organizzato due veglie di preghiera per ricordare chi ha perso la vita e per cercare di dare una risposta diversa alla paura che tutti sentiamo crescere in noi e attorno a noi. Contro ogni aspettativa sono stati incontri molto partecipati, centinaia di persone molto diverse tra loro: cristiani e musulmani, credenti e non credenti, parrocchiani, comitati di quartiere, associazioni, italiani e stranieri, amici e parenti dei giovani che hanno perso la vita ma anche tanta, tanta gente che non li conosceva. Ci è sembrato un segnale importante: sconosciuti che si incontravano per un dolore che chiede di non rimanere invisibile, chiede un gesto di bene, chiede di vincere l’indifferenza".

"Nella preghiera ci siamo fatti guidare dalle Beatitudini e dal Vangelo che esorta a ricambiare il male con il bene. Era presente tutta la comunità cristiana di Barriera e Aurora: i Salesiani, il Cottolengo e le suore di San Gaetano; gli altri sacerdoti dell’Unità pastorale; le persone che ogni giorno fanno della strada la loro chiesa, come fra Luca Minuto, suor Paola Pignatelli e suor Julieta Esperanca; tanti parrocchiani, i ragazzi dell’Oratorio, Ernesto Olivero e la Fraternità del Sermig con tanti giovani".

Vite che diventano visibili

La conclusione è un invito alla speranza: "Ecco, in quei momenti abbiamo visto le vite invisibili diventare «visibili» in piccoli gesti di bene. Abbiamo respirato l’aria di una Chiesa dai confini sfumati, che può aiutare a costruire ponti e ad accogliere tutti, ognuno nella sua diversità. La preghiera è diventata occasione per respirare questa accoglienza e per piangere insieme, condividere la paura e non sentirsi soli. Guardavamo la folla, uomini e donne che camminavano su una strada di luce, fatta di solidarietà e condivisione. I problemi sono sotto gli occhi di tutti, ma Barriera e Aurora non sono solo problemi. Vicino al buio noi abbiamo visto tanta luce, ed è proprio questa luce che ogni giorno ci spinge a vivere e ad amare questo territorio".

Massimiliano Sciullo

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