Sigarette di contrabbando, marchi falsificati, ma soprattutto lavoratori costretti a vivere in condizioni terribili, schiavi all'interno delle fabbriche in cui non potevano avere contatti con l'esterno, facendo turni massacranti, senza riposo e senza tutele.
Sono queste le scene che si sono ritrovati davanti agli occhi gli uomini della Guardia di Finanza e dei carabinieri di Torino quando hanno fatto scattare l'operazione che ha portato alla scoperta, in città e in alcuni Comuni della prima cintura di 7 siti clandestini: cinque usati per la produzione e due come deposito. Sono state arrestate 8 persone, di nazionalità ucraina, rumena e moldava.
Torino Nord e cintura
In particolare, gli opifici (completi di linee produttive con costosi macchinari, apparati e strumenti tecnologici) e i depositi sequestrati erano dislocati nell’area settentrionale del territorio del capoluogo piemontese, nei quartieri di Madonna di Campagna, Barca e Rebaudengo, e nei Comuni di Caselle Torinese e Venaria Reale. Erano mimetizzati in aree industriali, per dissimulare una normale attività d’impresa, ma con l’adozione di molti accorgimenti per svolgere nel massimo riserbo l’illecita produzione di sigarette che avveniva al loro interno.
Una rete in grado di produrre una tale quantità di merce che le forze dell'ordine sono riuscite a sequestrare oltre 230 tonnellate di tabacco lavorato di provenienza extra-Ue e circa 22 tonnellate di sigarette, in gran parte già confezionate in pacchetti con marchi contraffatti di noti brand del settore.
Macchinari sofisticati
I militari hanno trovato sofisticate linee produttive, perfettamente funzionanti, con processi automatizzati ad alta velocità per l’assemblaggio delle sigarette e il confezionamento finale dei pacchetti, partendo dal tabacco trinciato e dal materiale accessorio necessario (filtri, cartine, cartoncini per il packaging, etc.), anch’esso riportante il marchio contraffatto di noti produttori internazionali autorizzati e presente in grandissime quantità presso tali siti (sono stati infatti rinvenuti circa 538 milioni di componenti per la realizzazione e il confezionamento delle sigarette recanti marchi contraffatti).
Lavoratori schiavi
Gli impianti venivano alimentati con gruppi elettrogeni, allo scopo di non rendere rilevabile, dai picchi di consumo dell’energia elettrica, la presenza di macchinari funzionanti a pieno ritmo. Le finestre che davano verso l’esterno erano state in vari modi oscurate; negli ambienti più interni, illuminati solo artificialmente, erano stati allestiti alloggiamenti per il personale addetto agli impianti, proveniente da Paesi dell’Est europeo e impiegato in condizioni di sfruttamento e in spregio alle norme di sicurezza.
Si ritiene che ogni linea di assemblaggio abbia potuto agevolmente produrre 48 mila pacchetti di sigarette al giorno, da cui un volume immesso sul mercato illegale valutabile in almeno 35 milioni di pacchetti (corrispondenti a 700 tonnellate di prodotto). Un quantitativo, questo, che può aver fruttato agli organizzatori dell’illecito traffico guadagni stimati in non meno di 175 milioni. Ciò con una correlativa evasione di accisa sui tabacchi quantificabile in 112 milioni circa, oltre a IVA per 28 milioni.