Cultura e spettacoli - 29 ottobre 2025, 06:58

Mario Cucinella a The Others: "Torino ha saputo reinventarsi, ma i cambiamenti richiedono tempo" [INTERVISTA]

L'architetto sarà presente in fiera con una porzione della Sustainability Box: "La gente ha bisogno di arte, le fiere lo dimostrano"

In foto, Mario Cucinella a The Others 2024

In foto, Mario Cucinella a The Others 2024

Mario Cucinella torna a The Others Art Fair portando una porzione della Sustainability Box, la scultura itinerante che racconta in modo giocoso e interattivo la filosofia dello studio.

Un piccolo totem che invita a ripensare il rapporto tra uomo, natura e tecnologia, dove l’architettura non è solo costruzione ma relazione, ascolto e responsabilità.

Attraverso il linguaggio dell’arte, l’opera rinnova il dialogo sul futuro sostenibile, proponendo la bioispirazione come risposta poetica e concreta alle sfide ambientali del nostro tempo.

“Il nostro obiettivo era disporre le carte come un gioco che si incastrano una dentro l’altro con i nostri progetti del mondo vegetale - spiega l’architetto - Un piccolo ecosistema con cui volevamo occupare lo spazio di The Others, che insieme a una serie di schizzi fatti da me e appesi al muro, forma una narrativa del nostro ufficio”. 

Natura, arte, architettura sono elementi che possono convivere? 
“Assolutamente sì, sono elementi che interagiscono. Fare architettura è una forma d’arte che interagisce con la natura e che crea dei sistemi anche nel sistema urbano”.

Siamo vicini al trovare un equilibrio in questo senso?
“No, siamo lontanissimi. Siamo solo nell’ambito di un’ambizione di cambiare, è una gran fatica perché dobbiamo cambiare la cultura, la visione, le modalità con cui stiamo consumando questo mondo. Ma è anche vero che i cambiamenti non avvengono in un secondo. Sono piccoli passi a una consapevolezza e a un lento cambiare. Il covid ha cambiato alcune visioni e alcuni modi di affrontare la quotidianità, ma perché ci ha costretti, ma finito quello non abbiamo ereditato niente da quell'esperienza. Anzi, abbiamo uno spostamento della politica che parla di riarmo piuttosto che di ambiente”. 

Parlando di Torino, come si sta comportando la città dal punto di vista ambientale e architettonico?  
“Torino dagli anni ’80 a oggi ha saputo reinventarsi, ha saputo trasformarsi con la rigenerazione urbana. Ci sono voluti 25 anni, ma i cambiamenti sono processi lenti. L’architettura è un processo lento e in una società veloce i processi lenti sono visti male. Le città tuttavia hanno bisogno di tempo. Torino e Milano lo dimostrano. Di recente Torino ha approvato un Piano regolatore che pone attenzione anche sul trasporto pubblico, ci sono le condizioni per una transizione che richiederà molto tempo, bisogna abituare le persone. Ma la città la partita se la sta giocando, ha avuto il coraggio di trasformarsi”. 

Passare dalla città dell’auto a quella della cultura non è facile. Secondo lei Torino sta ancora cercando una sua identità?
“Siamo in un Paese che ragiona come delle città stato e questo è una forma di dispersione enorme. Anche le fiere d’arte, non si possono fare ogni due mesi, ci vorrebbe un sistema di ordinamento per risaltare le unicità delle città. Se ogni città deve avere le sue fiere, alla fine si appiattiscono le vocazioni. Torino ha una posizione un po’ marginale, ma è un baricentro dell’Italia del Nord quindi può giocare la sua partita. Ci vuole tempo. Poi certo, sono sicuro che Nervi sarebbe felice di vedere quella struttura che è il Palazzo del Lavoro rinascere sotto una lente culturale”. 

Questo è il secondo anno a The Others, cosa ne pensa della fiera? 
“Le fiere d’arte sono un segno sensibile di quello che sta succedendo nel mondo dell’arte. La gente ha bisogno di arte, abbiamo bisogno di vedere e mettere in discussione quello che vediamo. Qui ci sono ospiti tanti artisti sperimentali ed emergenti, ma anche tanta attenzione anche ai temi ambientali. Al di là della fiera questo fa capire i cambiamenti”. 

Chiara Gallo

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