“Alla Pinacoteca Agnelli abbiamo scelto tre mostre che riflettono sul rapporto tra individuo e società, tra immagine e tempo” così la presidente della Pinacoteca, Ginevra Elkann, presenta la nuova stagione espositiva.
Al centro della programma autunnale Alice Neel (1900-1984), protagonista della retrospettiva al secondo piano. 60 opere in un percorso cronologico dal titolo “I am the century”, ispirato proprio a una frase dell’artista.
Una vita segnata da traumi iniziati con la perdita di una prima figlia e dalla sottrazione della secondogenita Isabetta, portata a Cuba dal padre, ma anche dalla relazione tossica con Kenneth Dolittle il quale in uno scatto d’ira distrusse ben 300 opere dell’artista.
Recuperate da quell’atto distruttivo due ritratti “Rhoda Myers Nude” restaurato dalla stessa Neel e “Isabetta” ricreato basandosi sulla memoria.
In mostra anche vedute sulla vita urbana della New York della Grande Depressione e del periodo bohemienne a Spanigh Harlem.
Fino agli anni Sessanta, in cui Neel inizia a essere rappresentata da una galleria e diventa celebre per la sua linea blu con cui tratteggia in contorni dei ritratti. Appartiene a questo periodo il ciclo di donne incinte di cui ne esistono solo nove, di cui tre esposte in Pinacoteca.
"Una delle grandi pioniere del Novecento - spiega la direttrice Sarah Cosulich - in Pinacoteca Leghiamo le nostre collezioni alla contemporaneità e diamo spazio alle figure femminili. È la prima in Italia di un’artista che è presente nei principali musei americani ma ancora poco conosciuta in Italia".
Piotr Uklansky
Piotr Uklansky con Faux Amis, letteralmente falso amico, occupa l’intera collezione permanente e si estende al Museo di Anatomia e al Museo della Frutta.
"È un progetto anche provocatorio a volte invece quasi superficiale. Ma è il bello della sua capacità di stimolare gradualmente delle analisi più profonde su questioni contemporanee".
I cinque lavori sono in dialogo con i capolavori della storia dell’arte presenti in Pinacoteca.
Faux Amis, letteralmente fasi amici, riprende il concetto che della realtà ingannevole. Per esempio, sullo sfondo della riproduzione di un quadro di Bellotto di Dresda bombardata mette la foto di un monumento della Liberazione della Polonia dai nazisti.
Dancefloor invece è una delle sue opere più famose degli anni ‘80. È qui riproposto con una nuova reinterpretazione: sopra ci posa le danzatrici del Canova che sono parte della collezione. Riflette tra arte e vita, tra esperienza vissuta e riprodotta.
Paul Pfeiffer
Vitruvian Figure è il titolo dell’opera di Paul Pfeiffer ispirata a Vitruvio, autore dell’unico trattato di architettura che arriva dall’antichità e si concentra sull’architettura dello stadio ideale.
L’opera si trova sulla Pista 500 e si compone di una parte sonora e una rappresentazione grafica per il billboard.
Legata alla città che è stata la partita di Juventus Inter del 13 settembre che si è conclusa all’ultimo minuto con la vittoria 4 a 3 per i bianco neri.
L’artista per realizzare l’opera ha chiesto la collaborazione con Juventus che ha fornito le mappe e i modellini 3d e ha fatto partecipare l’artista alla partita del 13 settembre tra Juve e Inter. Pfeiffer con un team di fonici ha registrato i cori dei tifosi per il mix audio che è riprodotto sulla Pista 500.
Attraversando il passaggio coperto della Pista si ha la sensazione di attraversare idealmente il tunnel dai cui passano I calciatori prima di entrare in campo.
Per la riproduzione del billboard invece ha immaginato come sarebbe estendere lo stadio a un milione di persone.










