#poetrylovers, buona domenica!
Se vi dicessi, così, su due piedi, che trovare un amico non è mai stato tanto semplice, mi credereste? Anzi -rettifico- più che trovare, essere un amico.
(Ri)giriamo la frittata, adesso, seguitemi nel ragionamento: tutti lamentiamo (me compresa) di non ricevere in amicizia il trattamento che crediamo di meritare. Per un motivo o per un altro, sentiamo di non essere mai pienamente soddisfatti. Scommetto sia capitato di chiedervi: “Perché ci arrivo soltanto io? Come può non essersi accort* di avermi ferito? Certe delicatezze non esistono più”! Eppure, sin da piccoli, l’educazione familiare/scolastica/religiosa ci ha in linea di massima spronato all’azione, a fare qualcosa verso il prossimo piuttosto che pretendere. La cara vecchia lotta tra attività e passività. Basti pensare al principio morale di cui si fece portavoce l’apostolo Paolo, che credo racchiuda magistralmente il concetto: “C’è più felicità nel dare che nel ricevere” (Atti 20,35).
Insomma, nonostante buoni propositi e convenzioni sociali elogino e idealizzino l’altruismo, è davvero difficile -ammettiamolo!- mettere gli altri al primo posto; quel posto, a pensarci bene, lo bramiamo un po’ tutti.
Che fare, dunque? Keep calm, la vostra poesia-nauta preferita ha scovato per voi un metodo infallibile: aderendo alla nobile iniziativa di cui sto per parlarvi, infatti, l’esercizio all’empatia e alla generosità diventerà un vero piacere.
“Community Matching - Comunità e Rifugiati insieme per l’integrazione” è un progetto realizzato da CIAC e Refugees Welcome Italia, con il sostegno di UNHCR Italia ed è già attivo nelle città di Bari, Milano, Palermo, Parma, Torino, Napoli, Bergamo, Padova, Bologna e Roma.
Ha l’obiettivo di mettere in contatto rifugiati e rifugiate con volontari e volontarie che possano affiancarli nel loro percorso di integrazione in Italia. Una sinergia in cui l’aiuto reciproco non solo getta le basi per nuove amicizie ma concorre a costruire una comunità il più possibile vicina a quella ideale: fonte di accoglienza, solidarietà, inclusività.
Conosciamo adesso il primo dei due soggetti a cui si rivolge l’iniziativa: il buddy.
Chi è? Come dovrebbe agire?
Il/la buddy è -come già anticipato -un/a volontario/a che sceglie gratuitamente di affiancare una persona rifugiata nel suo percorso di crescita personale e integrazione. Questo potrebbe voler dire darle una mano nella risoluzione dei problemi quotidiani, offrirle supporto nei processi decisionali, dallo studio al contesto lavorativo, condividere amicizie e svago, incoraggiarla a coltivare le proprie potenzialità.
Perché aderire?
La possibilità concreta dietro questa unione di spiriti e intenti è di creare una relazione di vicinanza e amicizia con donne e uomini rifugiati; superfluo sottolineare quanto la loro vita sia stata finora in salita, giusto? Il buddy raccoglie perciò una preziosa opportunità (e sfida): mettersi completamente a disposizione, a partire dalle risorse personali – relazionali, professionali, esperienziali – e a finire con un po’ del proprio tempo. Tutto ciò per aiutarli a realizzare il loro progetto di vita in Italia. Che, ricordiamolo, vale tanto quanto il nostro.
Oltre a compiere un gesto di vero altruismo -ed eccoci tornare al discorso iniziale- gli “effetti collaterali” (benefici) si riversano soprattutto su chi quel gesto lo dona; il buddy, infatti, vive un’esperienza di interscambio a 360°, che lo arricchisce dal punto di vista umano, emotivo, attitudinale e culturale. Rammentate? “C’è più felicità nel dare che nel ricevere”.
Che dire di tutti quei cittadini stranieri attualmente impegnati nel processo di integrazione? Chiunque abbia l’asilo o la protezione sussidiaria e necessiti di sostegno durante questo percorso potrà essere messo in contatto con i numerosi volontari, pronti ad affiancarlo passo passo nel suo viaggio. Un viaggio di crescita personale, fiducia, inserimento e amicizia. Dall’aiuto nelle piccole grandi beghe quotidiane alle occasioni per imparare l’italiano e scoprire le bellezze del territorio.
Immaginiamo per un attimo di trovarci in un paese che non è casa nostra, ma che vorremmo disperatamente lo diventasse. Siamo soli, stanchi, traumatizzati da esperienze dolorosissime. Ne abbiamo passate troppe e neppure lo diamo a vedere. Non parliamo ancora correttamente la lingua del posto, ma la Legge non ammette ignoranza. Tutti i passaggi che permetteranno la nostra permanenza vanno eseguiti correttamente.
Mi state ancora seguendo? Ottimo, chiediamo un ultimo sforzo alla fantasia e visualizziamo accanto a noi un altro essere umano che -senza doppi fini né scopi di lucro- desideri sinceramente aiutarci. Perché? Perché sì! Gli va, punto e basta. Immaginiamo ora di affezionarci a quella persona come a un fratello, un padre, una sorella. Che ci porti con sé a conoscere i suoi amici, ad una mostra, a fare una gita al mare. Che si interessi del nostro stato di salute, ci consigli nella ricerca di una casa, nella preparazione di un piatto o di un esame… magari proprio quello della patente, tanto utile ai fini lavorativi. So come vi state sentendo: confortati. Mi sono sentita così anch’io.
Fine dell’esercizio. Suona quasi favolistico, vero? E invece no: questo frame è già realtà, qui ed oggi, nella vita di molte famiglie.
Il progetto “Community Matching - Comunità e Rifugiati insieme per l’integrazione” merita davvero la nostra attenzione, soprattutto in tempi in cui la proprietà, l’appartenenza e le radici dei popoli sembrano essere diventate concetti insignificanti, sacrificabili. Al loro posto il dio Denaro, la vendetta e il buio.
Terzo ed ultimo reminder: non facciamo mai l’errore di pensare che il dolore altrui non ci riguardi. Una cosa non succede finché succede. Ci sarà sempre una prossima vittima… Su alcune dinamiche non abbiamo potere; tuttavia, scegliamo di fermare il circolo vizioso creando e sostenendo reti solidali come questa, che si autoalimentino con la nostra stessa volontà di resistere all’indifferenza!
Per ulteriori informazioni sulle modalità di partecipazione, scansionate il QR code a piè di pagina.
L’angolo poesia di oggi è affidato a Emanuele Prisciandaro: classe 1996, biellese, diplomato all’Accademia delle Belle Arti di Torino. Ha all’attivo numerose pubblicazioni e si esibisce in performance di poesia visiva.
GIOSTRA
Esserci, l’uno per l’altra
Su questa giostra,
tenerci.
Giriamo forte,
un po’ come la vita.
Anche se in salita
e senza corrente.
Non fermarsi,
anche se in riserva
Alla fine, bastava
volersi.
Volersi bene.
(tratta da “Comunque DADA”, Armando Editore, 2025)
Questo verso, in particolare:
“Giriamo forte”
Sapete qual è il modo migliore per girare senza cadere? Tenersi per mano, ovviamente!
Pensateci su.
Alla prossima





