La dignità dell’uomo, di ogni singolo uomo. Ecco la parola scelta come filo conduttore dall’arcivescovo di Torino, il cardinale Roberto Repole, per sintetizzare il 2025 che con il periodo di Natale si avvia a conclusione. “Il figlio di Dio sì è fatto uomo per incontrare l’uomo. E da quel momento ha assunto una dignità inalienabile”.
Ci sono cose positive
“Molto spesso nei nostri ambienti si è propensi a vedere le cose che non vanno. Ed è giusto. Ma non ci deve sfuggire il fatto che ci sono ancora tantissime dimensioni della nostra vita che risentono della capacità che abbiamo di dare dignità”.
Medici, infermieri e insegnanti
“Ci sono medici e infermieri, negli ospedali e non solo, che curano con una generosità che il loro stipendio non ripaga. Ho visitato luoghi di ricovero, ma anche scuole in cui ci sono insegnanti che sono preziosi nella trasmissione del sapere ma anche di una civiltà anche se il loro onorario non è all’altezza di un lavoro che è decisivo”.
“Anche nelle nostre parrocchie - prosegue - ci sono sacerdoti che sono uomini e fragili come tutti, ma che impegnano il loro tempo nella cura della dignità inalienabile dell’uomo. Senza parrocchie, credo che la nostra città imploderebbe”.
Dignità fa rima con lavoro
E poi in generale, sul lavoro, Repole ricorda come dia “dignità perché ci permette di esprimerci in modo libero: guardando Torino non posso non essere preoccupato, perché c’è una sofferenza. Anche se ci sono persone che continuano a scommettere con le loro capacità. Bisogna però tenere insieme con la precarietà che viviamo: te quarti dei lavori dei giovani sono a tempo determinato”.
La tecnica non mangi l’umano
“Quest’anno sono nati 5000 bambini a Torino, pochissimo rispetto al passato, ma vuole anche dire che ci sono 5000 famiglie che scommettono sulla vita. Ma è possibile farlo se si ha un lavoro precario così diffuso? C’è una riflessione culturale da fare, che superi le contrapposizioni evitando che la tecnica si mangi l’umano”.
Dignità inalienabile
“Il Natale è un grande punto interrogativo posto sulle nostre coscienze: vogliamo vivere in una realtà in cui ogni uomo ha dignità inalienabile o vogliamo diventare qualcos’altro? È una domanda aperta, posta sul cuore delle nostre libertà: i sentimenti di bontà che tutti respiriamo non sono un tocco di magia su un mondo affaticato, ma un residuo di quel che il Natale porta con sé”.
Lettera a Gesù bambino e al potere
Visto il periodo natalizio, sono i giorni in cui si esprimono desideri. “Scriverei una lettera, per Natale, a tutti coloro che in questa città hanno un potere. Inteso come verbo e non come sostantivo. Vorrei che tutti coloro che hanno possibilità di spendersi, che si attivino - magari in modo sinergico - per contrastare l’individualismo narcisista che non coglie che unendo le forze, anche se sono poche, diventano grandi”.
L’elezione di Leone
Sull’esperienza cardinalizia, invece, Repole ricorda come in occasione dell’elezione di Papa Leone “il conclave sia stato tutt’altra cosa rispetto a quanto è stato raccontato. Ed è stato qualcosa di superiore al semplice fatto umano. Ha agito lo spirito. Il passaggio di pontificato è un passaggio tra due persone con caratteri diversi, ma accanto all’aspetto istituzionale ci sono due temperamenti e due modi diversi per vivere quel Ministero. Papa Leone forse appare più timido e riservato, ma vedo una continuità con Papa Francesco”.
Cambi di ruolo
Da gennaio ci sarà un nuovo economo della diocesi di Torino e Susa: sarà un laico, Alessandro Brunatti, che sostituisce due religiosi. “Sono grato a lui per aver accettato questo ruolo. Un laico che prende la responsabilità delle casse della Chiesa è importante. Mentre da inizio febbraio, nella Caritas, Pierluigi Dovis passerà a un altro servizio dopo anni di grande abnegazione e impegno e al suo posto ci sarà Elide Tisi”, conclude Repole.
Askatasuna: dialogo, non violenza
Sullo sgombero di Askatasuna, Repole sottolinea come “bisogna dare atto che tutti gli sforzi che vengono fatti da chi ha responsabilità di governo per cercare sentieri di dialogo sono sforzi benefici. È l’abc di una convivenza civile. Sono le possibilità che abbiamo per riconnetteee un tessuto sociale. Ma ogni atto di violenza non può che essere bandita: non si può vivere in una città in cui ci sia la paura di atti di violenza”. “Bisogna però - prosegue - capire se esiste un disagio giovanile che non viene letto e resta inascoltato. Capire se ci sono giovani che vivono con il terrore di diventare adulti”.
Carcere dimensione rimossa
Tra i temi che Torino è chiamata ad affrontare c’è quello del carcere. “Nessuno può essere identificato con il reato o con il peccato che ha compiuto. Ma in città spesso c’è un meccanismo di rimozione. Dobbiamo chiederci che cosa deve essere una giustizia umana: a volte alcuni discorsi hanno la pretesa che la giustizia umana sia soltanto ciò che può dare solo la Giustizia divina. Questo porta a imbarbarimenti terribili. L’uccisione di un figlio non può essere redenta in questo mondo, per esempio. Ma bisogna evitare che la ricerca di una giustizia porti alla peggiore delle iniquità”









