Attualità - 14 settembre 2025, 07:00

Un’eresia nella penisola cattolica: la Riforma in Italia

Un’eresia nella penisola cattolica: la Riforma in Italia

All’inizio del Cinquecento l’Italia era il cuore pulsante della Cristianità cattolica. Roma era la sede del Papato, e la presenza capillare del clero e degli ordini religiosi rendeva la penisola un fortino apparentemente impenetrabile. Eppure, quando le tesi di Martin Lutero cominciarono a circolare oltre le Alpi, anche in Italia alcuni gruppi, comunità e individui ne furono attratti. Per la Chiesa cattolica fu uno shock: l’eresia protestante non era un pericolo remoto, ma una minaccia capace di insinuarsi perfino sotto l’ombra di San Pietro.

Mentre in Germania, Svizzera e Francia le idee riformate attecchivano e si consolidavano in vere e proprie chiese nazionali, in Italia il contesto era radicalmente diverso. Qui la Riforma era vista come un virus straniero, un’infezione da estirpare con decisione. L’Inquisizione, i tribunali ecclesiastici e la successiva Controriforma avrebbero vigilato con inflessibilità. Eppure, nonostante la sorveglianza, alcuni territori furono toccati in profondità dal vento della Riforma, soprattutto là dove esistevano precedenti tradizioni di dissenso o dove i confini con il mondo protestante rendevano più difficile il controllo.

La roccaforte valdese del Piemonte e della Valle d’Aosta

Molto prima di Lutero, nel cuore delle Alpi occidentali si muoveva un’altra comunità di dissidenti religiosi: i valdesi. Nati nel XII secolo dal predicatore Pietro Valdo, questi cristiani rifiutavano il lusso della Chiesa e praticavano una fede semplice, basata sulla lettura delle Scritture e sulla povertà evangelica. Già bollati come eretici, avevano trovato rifugio nelle valli alpine tra Piemonte e Valle d’Aosta, creando comunità coese e resilienti.

Nel 1532, durante il sinodo di Chanforan, i valdesi decisero di abbracciare apertamente la Riforma, allineandosi alla teologia calvinista proveniente dalla vicina Svizzera. Non fu una conversione improvvisa, ma piuttosto un riconoscimento naturale: le loro pratiche e la loro visione del cristianesimo trovavano nel protestantesimo una sponda e un rafforzamento. Quel momento segnò però anche l’inizio di una persecuzione sistematica.

Il prezzo dell’adesione fu altissimo. Già nel 1561 intere comunità furono sterminate, e un secolo più tardi, nel 1655, le famigerate Pasque piemontesi lasciarono un segno indelebile nella memoria europea: massacri che scossero coscienze e penne illustri, da Oliver Cromwell a John Milton. I valdesi divennero il simbolo della resistenza di una fede minoritaria, disposta a pagare con il sangue la propria sopravvivenza.

Quando, alla fine del Seicento, furono esiliati in Svizzera, sembrava la fine. E invece, nel 1689, armati di fede e tenacia, intrapresero il Glorioso rimpatrio: un’epopea di marce e battaglie che riportò i superstiti nelle loro valli alpine. Fu un atto di coraggio e resistenza, che suggellò definitivamente l’identità di questo popolo montano, sopravvissuto alla forza della Controriforma.

La Liguria, crocevia di commerci e di idee

Se il Piemonte custodiva comunità già consolidate, la Liguria rappresentava invece una porta aperta. Genova, con i suoi porti e i suoi traffici, era un crocevia naturale per uomini e idee. Marinai e mercanti provenienti dal Nord Europa portavano con sé non solo stoffe e spezie, ma anche libri proibiti e parole nuove.

La città conobbe così piccoli circoli di simpatizzanti, intellettuali e riformatori che, nelle pieghe della vita urbana, discutevano delle tesi di Lutero o di Calvino. Personaggi come Aonio Paleario, umanista e teologo, incarnarono la tensione tra fede e critica, mentre nelle case private circolavano Bibbie tradotte e pamphlet clandestini.

Ma a differenza delle valli piemontesi, qui non si formò una comunità stabile. L’Inquisizione genovese fu rapida e spietata. I sospetti furono processati, i libri bruciati, i simpatizzanti costretti all’esilio o al silenzio. Così la fiamma della Riforma in Liguria non riuscì a radicarsi, ma rimase un bagliore passeggero, spento dalla morsa della repressione.

Varese e Mantova, la Riforma a macchia di leopardo

Nella zona di Varese, la vicinanza con il Canton Ticino e i continui scambi con le terre riformate favorirono la circolazione di idee protestanti. Piccole comunità si radunarono, spesso in segreto, ai margini della società. Erano esperienze fragili, mai numerose, ma significative per capire come i confini alpini potessero trasformarsi in porosi canali culturali.

A Mantova, invece, la Riforma fu un affare di élite. La corte dei Gonzaga guardava con interesse al dibattito religioso europeo, per ragioni tanto politiche quanto culturali. Ma questo interesse rimase confinato alle stanze nobiliari, senza mai trasformarsi in un movimento popolare. La Riforma a Mantova fu, di fatto, una curiosità intellettuale, presto soffocata.

Tanto a Varese quanto a Mantova, la Controriforma pose fine a queste timide aperture. Con l’Inquisizione e l’azione capillare degli ordini religiosi – soprattutto i Gesuiti – ogni seme protestante fu rapidamente estirpato. Dove non c’era una comunità montana e combattiva come quella valdese, la Riforma non poté sopravvivere.

L’eredità del protestantesimo in Italia

La storia della Riforma nell’Italia settentrionale è segnata da contrasti. Da un lato, il fallimento quasi totale dei tentativi di radicamento in città e corti; dall’altro, l’eccezionale resistenza dei valdesi, capaci di sopravvivere a persecuzioni secolari. Se la Liguria, Varese e Mantova mostrano la forza della Controriforma, il Piemonte testimonia che solo un’identità storica consolidata e una tenacia montanara resero possibile la sopravvivenza protestante.

Eppure, quell’eredità non si è dissolta. Oggi i valdesi rappresentano la più antica e radicata comunità protestante d’Italia, custodi di una memoria che intreccia fede, persecuzione e resilienza. La loro presenza ricorda che, anche nella penisola più cattolica d’Europa, l’eresia riuscì a ritagliarsi spazi di libertà e a sopravvivere, lasciando un segno indelebile nella storia del nostro Paese.

E dalle valli di Torino e Aosta, dai moli di Genova, fino ai confini di Varese e alle corti di Mantova il nostro gruppo editoriale rimane presente, dove la storia continua a vivere e a parlare.

Valeria Toscano

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