Attualità | 08 giugno 2025, 07:00

Un mosaico linguistico alle porte delle Alpi

Gilberto Govi

Gilberto Govi

Ai piedi delle Alpi occidentali, tra valli silenziose, colline gentili e il profumo del mare, si stende una terra dove le parole cambiano da paese a paese, da valle a valle. Valle d’Aosta, Piemonte e Liguria: tre regioni, mille voci. Qui la lingua non è solo un mezzo per capirsi, è un modo di appartenere, di ricordare, di sentirsi a casa.

Da sempre questo è un crocevia di popoli e di storie: Celti, Romani, Longobardi, Franchi, Provenzali, Francesi, Savoia... Tutti hanno lasciato qualcosa nel modo di parlare della gente. E il paesaggio ha fatto la sua parte: montagne che isolano, ma anche passi che uniscono, vie che portano lontano e sentieri che riportano indietro. Così sono nati e si sono conservati dialetti e lingue che, in realtà, sono mondi a sé — con parole, suoni, racconti e tradizioni unici.

Chiamarli semplicemente “dialetti” è riduttivo. Sono lingue con una propria grammatica, una propria storia scritta e parlata, un proprio cuore. In molte comunità si parlano ancora ogni giorno: nelle cucine, nelle piazze, nelle stalle, nei racconti dei nonni. E anche nei silenzi pieni di significato tra chi si conosce da sempre.

Difendere queste lingue significa prendersi cura di qualcosa di fragile ma prezioso. Un’eredità che non sta nei musei, ma vive nelle voci delle persone. È un patrimonio fatto di affetto, di appartenenza, di orgoglio. Perché, in fondo, ogni parola detta nella lingua della propria terra ha dentro un pezzo di casa.

Valle d’Aosta: dove il cuore parla in francese, ma sogna in patois

In Valle d’Aosta, le parole hanno radici profonde. Il francese non è solo la lingua dei documenti ufficiali o della scuola: è il simbolo di una lunga storia di autonomia e di apertura verso l’Europa. Ma se si cammina per le strade di piccoli villaggi di montagna, se si ascolta una nonna parlare con il nipote, o si assiste a una festa tradizionale, è facile imbattersi in un’altra lingua, ancora più affettiva e quotidiana: il francoprovenzale, o patois.

È una lingua che sembra fatta per raccontare la vita tra i monti: concreta, musicale, piena di sfumature. Anche se l’italiano ha guadagnato terreno nel dopoguerra, il patois non ha smesso di esistere: sopravvive nelle famiglie, nei canti popolari, e oggi conquista anche i giovani. Non è raro trovare studenti che scelgono corsi facoltativi di patois nelle scuole, o adulti che lo imparano per riscoprire le proprie radici. È un movimento culturale dal basso, appassionato e sincero.

E poi c’è il popolo Walser, una piccola comunità che parla una lingua germanica, il Titsch, arrivata dal Vallese nel Medioevo e sopravvissuta tra le nevi di Gressoney e Issime. Qui il tempo sembra essersi fermato, e anche se i parlanti sono pochi, la lingua resiste grazie alla passione di chi la considera un tesoro da custodire.

Piemonte: un mosaico di voci antiche

Il Piemonte è una sinfonia di lingue. Il piemontese, con le sue varianti locali – torinese, cuneese, astigiano, novarese – non è un semplice dialetto, ma una lingua con una grammatica propria, una letteratura, una storia. È una lingua che sa essere poetica e ironica, dolce e ruvida. Una lingua che si è plasmata nei secoli, attraversata da influenze celtiche, francesi, lombarde.

Oggi, il piemontese non gode ancora dello status ufficiale di lingua minoritaria, ma è amato e studiato, grazie a centri culturali e a chi continua a scrivere, cantare, e raccontare in piemontese. È una lingua che non vuole finire relegata al passato, ma continua a vivere, magari in modi nuovi.

E poi ci sono le Valli Occitane, un pezzo di Provenza in terra piemontese. Qui si parla l’occitano, la lingua dei trovatori, dei montanari, dei resistenti. È una lingua che cambia da valle a valle, da borgo a borgo. Camminando da Roccasparvera a Aisone, si attraversano veri “confini linguistici”: in alcuni paesi, l’occitano si mescola col piemontese, in altri resiste con orgoglio nella sua forma più antica.

E non è finita: nelle valli della Susa e della Sangone si parla anche franco-provenzale, simile al patois valdostano ma con tratti propri, testimonianza di un’identità linguistica che ha saputo resistere all’omologazione.

Liguria: la lingua che sa di vento e salsedine

Anche la Liguria, terra stretta tra il mare e le montagne, custodisce un patrimonio linguistico prezioso. Il ligure, con tutte le sue varianti – dal genovese all’imperiese – ha una lunga storia di scambi, commerci, viaggi. È la lingua di marinai, mercanti e poeti. Ha lasciato tracce nella lingua corsa, nella parlata di Buenos Aires, perfino a Tabarca, in Tunisia.

Proprio da lì prende il nome il tabarchino, un dialetto ligure parlato da circa 10.000 persone a Carloforte e Calasetta, nel sud-ovest della Sardegna. Deriva dai liguri che, nel XVI secolo, si stabilirono a Tabarca prima di trasferirsi in Sardegna nel Settecento, portando con sé lingua e tradizioni.

Oggi, come molte altre lingue locali, il ligure combatte contro l’oblio. Ma esistono associazioni, musicisti, scrittori che lo mantengono vivo, e iniziative nelle scuole che cercano di farlo conoscere ai più giovani. Perché il ligure non è solo una lingua del passato: è una voce che continua a parlare, magari a bassa voce, ma con tenacia.

Una ricchezza da non perdere

Oggi le lingue regionali del Nord-Ovest italiano affrontano sfide importanti: l’italiano standard prende sempre più spazio, e la trasmissione familiare si interrompe spesso. Ma qualcosa si muove. In molte comunità cresce la voglia di riscoprire queste parlate, soprattutto tra i giovani, grazie anche a scuole, associazioni e nuovi strumenti digitali. La Legge 482/99 ha riconosciuto 12 minoranze linguistiche, tra cui occitano, franco-provenzale e walser, dando impulso a iniziative locali, anche se con risultati variabili. Il futuro dipende dall’educazione, dai media, dal sostegno delle famiglie e delle istituzioni. Queste lingue non sono solo un’eredità da conservare, ma risorse vive che possono dialogare con il presente. Difenderle significa proteggere la nostra diversità, la memoria e l’identità di intere comunità.

Il nostro gruppo editoriale è radicato in ciascuna di queste regioni, vive ogni giorno il territorio e le sue lingue, e si impegna a raccontarne la ricchezza culturale con passione e responsabilità. Dalla Valle d’Aosta al Piemonte, fino alle coste della Liguria, la nostra presenza locale è la forza con cui diamo voce a comunità, storie e tradizioni che meritano di essere ascoltate.

Valeria Toscano

Leggi tutte le notizie di MOTORI ›
Prima Pagina|Archivio|Redazione|Invia un Comunicato Stampa|Pubblicità|Scrivi al Direttore|Premium