Tutti noi, durante la crescita - lentamente quanto inesorabilmente - ci abituiamo a considerare i condizionamenti un normale processo mentale, che si applica nella quasi totalità dei casi alla vita sociale: un compromesso con cui raggiungiamo l’obiettivo di collaborare/lavorare/scambiare/modificare/creare/vivere insieme, tra opportunità e risorse.
Molte sono le espressioni che ogni giorno accompagnano discorsi e pensieri, le stesse che poi influenzano l’organizzazione della società: “A condizione che”, “Rispettando le seguenti condizioni”, “La condizione necessaria per”, “Essere condizionati da”, “In base all’attuale condizione”, etc etc...
Non è forse vero che con il termine condizione indichiamo non solo una situazione confermata e stabile, uno status quo, ma anche un confine invisibile collettivamente accettato (talvolta tollerato), che fissa ragionevoli limiti da rispettare per assicurare una civile convivenza? Insomma, in altre parole, un equilibrio giocato su requisiti da soddisfare, presupposti, “patti” più o meno impliciti, fatti misurati e misurabili, premesse.
La logica, direbbero alcuni, dei pro e dei contro. L’ottica di chi ha compreso come perdere poco e guadagnare il triplo, possibilmente senza inimicarsi nessun concorrente della partita. Regole, speculazioni, ipotesi e linee tracciate a tavolino sul terreno delle nostre coscienze: giusto/sbagliato, sì/no, non abbastanza/troppo.
Condizionati dalle condizioni. Alcune necessarie, per non dire indispensabili, in un contesto di gruppo; altre nate dal consumismo; le più ataviche, invece, quelle sprigionate direttamente dall’istinto di sopravvivenza, destinate a proteggerci da noi stessi e dal dolore emotivo. Mettere un limite, appunto, a quanto l’ingerenza e l’influenza di un’attività o di un rapporto personale possano toccarci. Meccanismi di autoconservazione e difesa, vecchi come il mondo e la paura.
Siete d’accordo? Pensate, come me, a quanto siano ormai insiti nel nostro DNA, al punto da non dubitare per un solo secondo (se si tratta di buone maniere & co) che “si faccia così e non cosà”? Comportamenti obbligati, condizionati, mitigati, sino ai casi estremi di distorsione del concetto, in cui si giunge al blocco della libertà d'azione non tanto per rispetto dell'altrui pensiero quanto per timore di allontanarsi dalla linea di condotta predominante. E nessuna società, più di quella occidentale, ha saputo autorecludersi: schiava e carceriera allo stesso tempo dietro le potenti sbarre della dittatura intellettuale, degli schemi e delle statistiche, regolarizzando persino le emozioni.
Dunque, tornando alla domanda del paragrafo precedente, siete d'accordo? Lo considero un sì: in fondo, chi tace acconsente!
Ora, come sempre, prendete questo bel discorsetto costruito ad hoc per essere ribaltato e contraddetto, dimenticatene ogni parola e buttatelo via. Avete capito bene, #poetrylovers, da bravi: frullatelo, trituratelo, gettatelo dalla finestra, dategli fuoco, quel che preferite.
Sì, perché non sarà su prevedibili binari umani che muoverà i suoi passi l'articolo di oggi. Non balleranno sul ritmo di un tormentone consumato, le sue riflessioni. Anche volendo, non sarebbe possibile.
A cosa e a chi mi riferisco? Al voler applicare a tutti i costi una logica prettamente umana e non universale (meno male) all’unica vera forma d’Amore di cui valga la pena parlare: quello incondizionato. Impossibile cucirgliela addosso: tentativo fallito.
Stiamo parlando della più alta evoluzione dell'affetto, contraddistinto da lealtà e devozione altruistica (in latino agápē); un legame assoluto, intero, pieno, non limitato dalle condizioni o dagli interessi.
E chi, superando chiunque altro, ignorando le variabili del tempo, dello spazio e delle circostanze, ama istintivamente così? Incondizionatamente? Ve lo dico io: gli animali.
Già, proprio loro. I nostri compagni a quattro zampe. Gli animali sono i veri vincitori della sfida: nessuno eguaglia una simile capacità di empatia e attaccamento, di appartenenza e senso di protezione, di amicizia e amore. Dare la vita? Un cane neppure si chiederebbe se ne valesse o meno la pena. Affrontare un pericolo benché ci siano scarse probabilità di riuscita? Un cane non avrebbe tempo per le percentuali, avrebbe in cambio troppo a cuore la nostra incolumità. Avvicinare una persona con problemi psichici o comportamentali, forse superando disagi fisici, persino il ribrezzo di questa società malata per la vecchiaia? A un gatto non importa chi sia a coccolarlo, purché le fusa trovino risposta e calore!
Qualcuno potrebbe obiettare che anche l'uomo sia capace di amare profondamente. Vero, certo che sì. Ma sempre e solo in funzione di ruoli e circostanze: esse nascono, vengono analizzate e processate, dopodiché metabolizzate. Ed ecco che una donna riscopre il suo lato più materno a seguito di una gravidanza, un uomo si mette a nudo perché sente di essere ricambiato ed è quindi finalmente pronto a un progetto di vita di coppia, un educatore prende a cuore la storia di un utente dopo averlo seguito per mesi e così via.
Meravigliose dimostrazioni di amore... amore condizionato.
Gli unici esseri viventi a non processare informazioni prima di decidere una data condotta, i soli ad agire senza sapere - esclusivamente sentendo - sono gli animali. Puri aneliti di generosità e coraggio primordiale, sanguigno.
Siamo poi così sicuri che la ragione, in questo caso - in amore - sia un vantaggio e non un deficit? Quella razionalità che tanto vantiamo e a cui, pian piano, stiamo affidando ogni cosa, come fosse il codice informatico alla base di un'app del nostro smartphone?
Questi fedeli angeli custodi cui basta un odore familiare e una carezza per decretare che casa è dove siamo noi, che felicità è quel che amiamo noi, che aria e sole è quando vogliamo noi. A dimostrazione di ciò, mossi dal solo istinto di compiacerci e farci felici, riescono in imprese oltre i limiti del possibile: imparano, si lasciano sfruttare per le loro doti e regalano gli anni migliori a chiunque ne abbia bisogno; basti pensare ai cani poliziotto, ai cani da salvataggio (l'Italia ha una delle migliori tradizioni di addestramento, a questo proposito) e, più in generale, alla pet theraphy tanto utile nella riabilitazione cognitiva.
Quanto dobbiamo loro! Non potremmo quantificarlo neppure tra 1000 anni.
Un abbraccio avvolgente, un dono quotidiano di luce, una presenza costante nelle nostre vite stressate, che segna il confine tra ciò che ci assilla e ciò che ci guarisce. Gli animali conoscono con la pelle, ricordano col naso ed amano con gli occhi; non chiedono nulla in cambio, se non di accompagnarci laddove vorremo, per un tratto della nostra strada.
Rispettiamone la dignità, prendiamocene cura, impariamo da loro più che possiamo diffondendo una corretta educazione alla natura, adottiamo e NON COMPRIAMO vite, consideriamoli parte di quel bagaglio emotivo che può e deve renderci individui migliori, facciamo del bene se possibile (con donazioni - coperte e cibo a canili e gattili, tempo - perchè di tanto in tanto non portare a spasso un cane in gabbia, magari anziano e regalargli un pomeriggio di gioia?! - denaro per sostenere i progetti di associazioni territoriali o nazionali serie e solide quali, ad esempio, LAV e LIPU) ma, soprattutto, lasciamoci amare incondizionatamente.
Non potremo replicare, ma conosceremo il significato e il volto della parola miracolo.
E chi non si rende conto di quanto un compagno a quattro, due o zero zampe possa diventare a tutti gli effetti un membro della famiglia, parte e sintesi d'essa (non è forse vero che l'animale rispecchia i suoi padroni?), è perchè - tristemente - non ha ancora provato la pienezza e la nobiltà dell'amore incondizionato. E dovrebbe provvedere quanto prima a risolvere la questione! Non potrebbe essere più semplice: tutto ciò che resta da fare è scegliere due occhi dolci, un'anima innocente e permetterle di fare tutto il lavoro. Rispondere a quell'amore sarà talmente spontaneo e vero da segnare il nostro presente e il nostro futuro.
E ricordiamo: un animale non ci appartiene; dovrà lasciarci prima o poi, sereno e completo, sapendo di aver compiuto la sua immensa missione. Conserviamone il ricordo, proteggiamone gli effetti e ringraziamolo ogni giorno di quell'amore, imitandolo. Con i nostri simili e, magari, appena saremo pronti, accogliendo un altro piccolo miracolo tra le mura del nostro cuore.
Adesso, come sempre, spazio alla #poesia!
Vi propongo, questa volta, un mio inedito. Pensato e scritto per il mio gatto, Bagheera e il mio cagnone, Aaron!
A proposito, l'avete poi letta la mia silloge d'esordio, Clic?! No?! La trovate al seguente link:
https://www.amazon.it/Clic-Johanna-Finocchiaro/dp/8867706365
PUO’ ESISTERE
Bellezza senza pretesa
Pace senza guerra
Balsamo senza risciacquo
Giustizia senza condanna
Anima senza tormento
Lealtà senza paura
Acqua senza sete
Sostanza senza forma
Messaggi senza parola
Tu, amico mio
Tu
Miracolo a cui diamo nomi bizzarri
Salva, corri e contraddici
Le ciniche certezze di chi eretto cammina
Questo verso in particolare:
"Salva, corri e contraddici"
A me sembra tanto la formula per la felicità e a voi?
Pensateci su!
Alla prossima